domenica 16 novembre 2014

выкуп

Koroleva, Novembre 2516

Il campo di reclusione di Norisk è uno dei più duri in tutto l'emisfero settentrionale di New Moskow. Lì non c'è bisogno di costringere i detenuti a lavorare, perchè il gelo intenso è sufficiente a sfiancarli più del lavoro manuale, che invece avrebbe solo l'effetto di distrarli dall'assideramento.

E se gran parte dei prigionieri sono deboli, smagriti, morti, Volkov troneggia tra quelle carcasse come un re tra gli zombi. Nonostante sia fisicamente meno prestante e visibilmente smagrito di una decina di chili, non se la passa male: del resto è stato uno degli allievi migliori di Krushenko. Il giaccone appartiene ad una delle guardie, distinguibile grazie a dei gradi che non gli appartengono; tre paia di calzoni, altrettanti di maglioni che non si è fatto scrupoli ad estrarre dai cadaveri gettati nelle fosse comuni; e gli scarponi li ha sicuramente ottenuti allo stesso modo del giaccone. 

Come ogni volta che si avvicina un veicolo blindato ai cancelli del campo, lui è lì, immobile e fermo ad un metro dalle grate metalliche percosse da alta tensione. Sull'attenti, a dimostrazione che nulla, neanche la mano vendicativa di Koroleva, può piegarlo. Eppure questa volta il veicolo non è solo di passaggio: si ferma dall'altro lato della doppia cancellata mentre un soldato si avvicina al lato del passeggero per recuperare un pass. Parole in sequenza, in lingua ed accento moskovita, che l'ex Capitano dei Devils non riesce a sentire.

Dieci passi indietro, detenuto sei-cinque-zero-sette-quattro-nove.
Ancora ordini in russo, dalla torre di vedetta. Ordini per il nero, ordini di indietreggiare; esegue.
Il cancello si apre, così anche la portiera: avvolta in un elegante e marziale cappotto nero, dai capelli biondi parzialmente nascosti da un copricapo imbottito, si avvicina calpestando la neve ed il ghiaccio una vecchia conoscenza.
Nina Novak, non mi aspettavo una visita coniugale.
Vedo, dorogoy Volkov, che la reclusione ha migliorato il tuo sarcasmo.
Tra un paio di mesi farò cabaret con i compagni polskie.
E c'è una sonora punta di cinico disprezzo in quell'ultimo aggettivo. Nina sorride, affilando le labbra sottili e chiare quanto quegli occhi color ghiaccio.
Ti porto buone nuove, Capitano: l'operazione IKON è stata completata, le tue colpe sono state scontate.
Slishkom legko moya dorogaya.
Troppo facile: dice il vero. Nina non può far altro che annuire.
Sei sempre stato un'utile risorsa per l'Intelligence ed io ho garantito per te. Ma c'è ancora una cosa che devi fare prima che il Governo accetti di perdonarti: uccidere Elian Ròza Chernenko. Scegli: la sua vita o l'esilio.
Mi metti in una posizione facile.
Ya znayu eto. E lo prendo per un sì. Adesso seguimi, è tempo di tornare alla civiltà.
Nina avanza, Volkov la segue un messo passo indietro, di fianco. Non si volta indietro, quel campo l'ha già dimenticato. Lui guarda avanti: alla vendetta, alla redenzione, alla restaurazione di quelli che erano i suoi scopi, rimasti seppelliti in un angolo di anima nera ma mai dimenticati.

giovedì 5 giugno 2014

Trojan Horse

Horyzon, Giugno 2516

Il mandato di comparizione gli da ancora 24 ore di tempo.
Ha tutto il tempo per finire di studiare la sua parte e le diverse possibilità che si troverebbe davanti.
Sta leggendo più volte, sul proprio cortex, la frequenza di Philip Neville: quel ragazzo ha un'ottima memoria - pensa - perfetto per trasportare indizi. E' un Cavallo di Troia.
Intanto il bicchierino di vodka si riempie sempre di più, sul bancone dell'Arcade: viene riempito ogni volta che viene scolato per accompagnare le pillole analgesiche, mentre ripassa a mente un copione dal contenuto quasi del tutto improvvisato.
Un holoschermo trasmette programmi notturni: si parla di Ikon e si parla della scomparsa di Elian Chernenko; si parla del presunto sequestratore: sè stesso.
Quel fottuto negro dovrebbe fare la tessa fine dei bastardi Indipendentisti a Serenity Valley.
I toni, ad un tavolo, sono alti. Un gruppo di uomini esaltati, forse ex blujacks, si incitano tra loro come vecchi ultrà sugli spalti di uno stadio di pyramid. Non è stato ancora notato, non finchè il più arrogante del gruppo non gli si affianca per ordinare altro rum.
Tu sei negro come Volkov.
Ma non risponde: spegne il cortex, lo formatta con Pandora.
Ehi, sto parlando con te.
Non c'è bisogno che mi sputi in un orecchio.
La risposta ha una freddezza assoluta, totale; quasi quanto l'occhiata glaciale che l'uomo ubriaco si ritrova addosso. Rabbrividisce e sbianca, riconoscendo l'interlocutore. Cerca e trova un bicchiere vuoto sul bancone e lo alza con forza.
Sei un fottuto pirata di merda!
E cerca di scaricare il bicchiere in faccia al korolevita: ma i riflessi del corer sono lenti, annebbiati e resi barcollanti dall'alcol. Il braccio viene fermato con decisione dalla mano enorme del Capitano dei Devils.
Il corer ubriaco ha solo il tempo di realizzare che un pugno è sulla traiettoria del suo naso
Si ritrova a terra, col naso rotto e sanguinante e rantolando senza forza con la pancia in sù: sembra una tartaruga obesa.
Riprendetevelo e sparite dalla mia vista.
L'imperativo evidente del moskovita è duro e cupo, ostile. Gli altri tre uomini eseguono l'ordine uscendo fuori dal pub con estrema agilità. Il barman dietro il bancone manda in gola un respiro di sollievo: non dovrà ricomprare un nuovo bancone quella sera.

Poche ore dopo, riprenderà a bere nel suo appartamento.
Molte ore dopo lascerà Capital City, dopo aver consegnato il mandato di comparizione ad un Caporale dell'Ottava Flotta.

mercoledì 28 maggio 2014

Svoloch'

Polaris, Just Bad Luck

I colpi sul metallo delle pareti della cabina di Marshall spesso fanno da contorno al rumore silenzioso dei propulsori della Brigade dei Devils. In più di un'occasione, Volkov, si è fermato fuori quella cabina indeciso se bussare e chiedere di entrare, o passare oltre. Mai la prima delle due opzioni, però, è stata scelta.

La cabina dei passeggeri è perlopiù adibita a prigioni, poichè su quella nave non ci sono passeggeri, ma solo Soldati in Browncoat. Elian occupa la cella più piccola, legata ed imbavagliata, con una benda che le rendi impossibile capire quanto tempo passa da una ronda di controllo ed un'altra. Spesso il Moskovita si ferma a guardarla attraverso le sbarre, in quegli abiti lisi che le sono state dati quando è stata privata dei suoi abiti.

Sarah le dà da mangiare, tenuta sotto stretta sorveglianza dal Capitano affinchè non parli con la prigioniera ma che adempi unicamente al suo compito: dare da mangiare ad Elian una sola volta al giorno. Sarah in più di un'occasione rivolge al Capitano un'occhiata cruda e storta, quasi rabbiosa, ma ricevendo di contro solo uno sguardo freddo e privo di emozioni. Non c'è nessuna pietà sul volto di quell'uomo dalla pelle nera.

Passi pesanti che più volte al giorno battono sul metallo quando osserva le condizioni della prigioniera.
La solitudine, la mancanza di speranza, la mancanza della conoscenza di quello che le sarà fatto sono le prime torture psicologiche che il russo tenta di applicare sulla donna del suo stesso pianeta.


Per quanto tempo pensi di tenerla lì, da sola come un cane?
Finchè non deciderò altrimenti.
E dopo?
Dopo dipenderà da quanto sarà disposta a collaborare.
Non starai pensando di...
Dà. Tutto il necessario.
Sarah si massaggia la fronte, sospirando pesantemente. Lascia la cambusa, tornando in plancia di comando. E lasciando nuovamente Volkov seduto da solo a quel tavolo, con una bottiglia di vodka vuota e metà e due bicchieri dei quali solo uno è vuoto.

sabato 24 maggio 2014

Other lives: Nina Novak

La linea di discendenza dei Novak è lunga tanto quanto la storia di Koroleva e non esisteva una generazione in quella famiglia che non contasse almeno un soldato (se non un ufficiale) nell'esercito del pianeta. Nina nasce a Kansk, una fredda cittadina dell'emisfero settentrionale del pianeta, nel febbraio del 2485 ed è l'unica femmina dopo tre fratelli maschi, tutti e tre ripartiti tra fanteria, genio ed intelligence; per la quarta invece venne scelta una strada diversa. Concluso il primo ciclo di studio, vince una borsa di studi per il corso di Scienze della comunicazione nell'università dell'Alleanza di Xanto. Quando ha solamente vent'anni si sposa con un giovane ufficiale della 4th Fleet e ne prende il cognome diventando Nina Reed; tuttavia nonostante il matrimonio non abbandona gli studi che continua ed affianca ad un lavoro nella testata giornalistica di Sadrany (ottenuto anche grazie all'influenza del marito).

Quando scoppia la guerra e gli Indipendentisti bombardano Sadrany lei non è nella capitale, ma si rifugia tempestivamente in una piccola cittadina periferica che non viene presa di mira dall'attacco. Dopo la laurea, ed a conflitto ormai nel pieno del suo fragore, diventa inviata di guerra a Shadetrack fino alla sua resa; successivamente viene richiamata a Xanto. Finita la guerra, tra le vittime della fine del conflitto c'è anche il nome del marito di Nina, caduto a Serenity Valley; nel 2511 ha soli ventisei anni ed un'ingente eredità lasciatagli dal marito defunto. Anche dopo la guerra continua a lavorare come giornalista. 


Sadrany, Febbraio 2507

Non ha finito di bere il secondo bicchierino di Vodka.
Saranno ormai le due di notte ma non ha nessuna intenzione di rimettere piede nel suo attico lussuoso.
Il locale è grande, dislocato su tre piani sovrapposti: il bar, la pista da ballo, il balcone che si affaccia sulla piazza della capitale; e lui è sull'ultimo piano, con la schiena leggermente piegata in avanti e le braccia poggiate sul corrimano della balconata; la vodka ancora in mano.
Dove hai lasciato la tua giovane fidanzata dell'Alleanza?
Aleksej Romanov ruota il capo, per inquadrare la ragazza bionda che con un sorriso radioso gli si affianca appoggiando la schiena al corrimano della balconata. Ha un lungo vestito nero da sera, liscio, che si adatta perfettamente a quella figura slanciata e dalle forme morbide e lineari. Gli occhi scuri dell'uomo ci impiegano qualche secondo per risalire dallo spacco dell'abito, dalle gambe, agli occhi azzurri e chiari. Anche lei ha della Vodka nel suo bicchiere.
Nina Reed.
Reed, come la figlia del Senatore Reed?
No: come la moglie del figlio del Senatore Reed.
Sposata con un Soldato.
E tu sei su quella strada.
Lei allunga il sorriso, tagliando il viso con un'espressione beffarda. Lui invece torna a guardare davanti a sè, oltre l'affaccio che offre quel grattacielo.
Ho i tuoi ordini, Volkov.
Sentir nominare il suo nome, dopo tutti quei mesi, nel suo accento originale, gli provoca un lungo brivido lungo la schiena.
Credo che tu abbia bevuto troppo, honey.
Ed è a quel punto che la ragazza sussurra qualcosa all'orecchio del nero; una manciata di secondi prima che lei si allontani nuovamente per tornare a poggiarsi sul corrimano.
D'accordo, continua.
Anche lei si gira, dando le spalle al resto del balcone.
La Flotta Indipendentista entrerà nello spazio del Central tra poche ore e sai quanto tempo impiegheranno a giungere qui. Inoltre alcuni soldati Indipendentisti sono già in città in attesa dell'inizio delle operazioni. Quando inizierà l'attacco la base militare di Sadrany sarà la prima ad essere bombardata e la vostra missione sarà di mettere fuori uso le comunicazioni delle base ad attacco iniziato, così che l'attacco possa durare più a lungo; New Moskow non crede nelle potenzialità dei soldati mandati dal Comando sul pianeta, perciò ti vuole nella squadra.
Immagino che non ci sia un piano di recupero.
Immagini bene. Se non lasciate la base prima dell'arrivo dei rinforzi nemici, verrete catturati.
Inspira a fondo; osserva il fondo del bicchiere per bere una lunga sorsata di vodka.
Scoparti una Bluejacks spero sia servito a qualcosa, Romanov.
Penso di si.
Nina ride, si scola il bicchierino di vodka con vorace rapidità.
Se riuscite a raggiungere gli Avenger, posso fornirti una manciata di codici.
Avevi detto che non c'era nessun piano di recupero.
Questo infatti è un favore personale. Io ti fornisco quei codici e ti salvo il culo, tu ti impegnerai a liberarti di mio marito in Guerra. Conosci la sua faccia e so già che verrà mandato su Shadetrack, quando la Flotta sbarcherà anche su quel pianeta.
Tu dai per scontato che l'Intelligence mi manderà in guerra.
Ho letto il tuo fascicolo e conosco la tua storia: quelli come te sono nati per la guerra. Considera la mia proposta solo come un'incentivo sulla scelta del pianeta.
Ivan la guarda di nuovo, ma questa volta con più durezza e dritto negli occhi. Ne riconosce un'autorità che nasconde sotto la giovane età e sotto un atteggiamento sciolto ed elegante; la decisione e la sicurezza nelle sue parole hanno un suono nettamente familiare, dell'odore di Koroleva.
Lo prendo per un sì allora. E a proposito: Golden Hotel, stanza 513, domani sera alle 23.30; sono sicura che anche tu abbia voglia di sentire l'odore di casa.
Si stacca dal corrimano e si allontana; Volkov resta in quella posizione invece, mai cambiata per tutti quei minuti di conversazione. Eppure per molti, troppi, secondi, non riesce a togliere gli occhi dalla schiena nuda, visibile dallo scollo posteriore dell'abito, della giovane bionda.

Quella sera si prenderà anche un terzo bicchiere di vodka.

Nina Novak in Reed, Xanto 2507

venerdì 23 maggio 2014

Red Eyes

Stalingrad, Maggio 2516

L'ufficio stranamente non è spoglio: le pareti sono tappezzati da alcuni famosi e costosi quadri - ma che un occhio non avrebbe difficoltà a notare che sono falsi; così come quell'ufficio non è neanche freddo, ma riscaldato da un enorme camino in fondo alla stanza. A qualche metro dal caminetto c'è quell'unica, grande, scrivania che occupa il centro della stanza insieme a diverse sedie.
Dall'enorme quadro raffigurante, sopra il caminetto, un soldato in alta uniforme Rossa - sulla quarantina - guarda severamente chiunque attraversa la soglia di quell'ufficio. Chiunque esca da quell'ufficio difficilmente riesce a dimenticare gli occhi del soldato nel quadro o la bottiglia di pregiata e costosa vodka al centro del tavolo. A fare gli onori di casa: Igor Simanov. Nessun patronimico ad accompagnarlo: nessuno lo ricorda (o vuole ricordarlo). Per tutti è semplicemente Simanov. Non ha un vero grado, nè un effettivo ruolo nel Governo. Si dice che abbia prestato servizio nel FOM giovanissimo e che abbia portato a termine missioni delicate e rischiose con facilità estrema; grande sostenitore del Governo, si dice abbia soppresso nel sangue innumerevoli gruppi di opposizione politica. Nessuno sa quanti anni abbia: qualcuno sostiene abbia passato i 100 "da un pò" ma che si mantenga molto più giovane grazie a particolari tecnologie, dimostrando un'età di 70-80 anni.

Gli occhi dell'uomo sono penetranti e pungenti, che si contrappongono al ghigno basso delle labbra. I baffi, il pizzetto e la barba rivelano sfumature bianche che si confondono con il castano - anche dei capelli. Mani grandi e tozze, callose, che riempiono prima il bicchiere dell'ospite con quella vodka e solo successivamente anche il suo.
Accomodati, Volkov.
La mano ruvida dell'uomo indica la sedia di legno massello che è dall'altro lato della scrivania. Il bicchiere viene allungato verso il capitano dei Diavoli.
Non li avete ancora recuperati.
Negativo, Signore. Ma ci stiamo lavorando.
Tu ed i tuoi uomini non avete bisogno di un incentivo, vero?
Negativo; ma sappiamo da chi recuperarli.
Il primo bicchiere ad essere sollevato è quello di Simanov; se lo porta alle labbra e ne butta giù una sola, semplice, sorsata.
Il nostro Governo è debole, Volkov; indebolito dalla Guerra ed indebolito da uomini che prendono decisioni sbagliate affidandosi a gente sbagliata. Io non sono il Governo, come sai, ma faccio parte delle poche persone giuste sulle quali il Governo si appoggia.
Questa volta è Volkov a bere dal proprio bicchiere, ma una sorsata più lunga di quella fatta prima da Simanov: una sorsata che vuota metà di quel bicchiere. Non fiata; gli occhi scuri osservano con un nascosto timore reverenziale il suo interlocutore.
Sei stato un buon agente, Volkov, ed un buon soldato. Resta nella barricata giusta.
L'altra metà del bicchiere viene svuotata; il nero si rimette in piedi e sull'attenti.
C'è solo una barricata nella quale vale la pena morire, Signore.
Da, è esatto.
Un cenno di congedo del vecchio Simanov, un passo indietro del più giovane Volkov.
Prima che vai via, un incentivo per la tua missione.
Da sotto il tavolo tira fuori un fucile d'assalto, molto più lineare rispetto a quelli in commercio e molto simile alle obsolete armi usate dall'esercito nei primi anni dell'Exodus Day.
Nella Terra-che-Fu i nostri gloriosi antenati usavano queste; ed è anche grazie a queste che divennero una grande nazione. Non devo spiegarti altro: hai l'addestramento necessario per utilizzarla nel migliore dei modi.
Volkov recupera l'AK, girandosela tra le mani pochi secondi: controlla il calcio, controlla il secondo tubo posto sotto la canna principale dell'arma; infine se la ripone dietro la schiena.
Signore.
Un nuovo cenno del capo, militare. Posizione di riposo e poi, quella stanza, viene lasciata alle spalle. Ci vorranno giorni prima che gli occhi del soldato impresso nel quadro sparisca dalla propria mente.

Igor Simanov, Koroleva 2516


giovedì 8 maggio 2014

Isn't credible

New Moskow, Dicembre 2511

La guerra è finita.
Il Governo di Koroleva viene rivoltato come un calzino dal Governo dell'Alleanza, alla ricerca dei capi e di insurrezionalismi ancora collegati con gli Indipendentisti. New Moskow potrebbe quasi sembrare essere stata occupata considerata la quantità di BlueJacks che si aggirano per le strade della capitale.

Può solamente immaginare ciò che accade all'esterno, sentendo il vociare all'esterno o dal chiacchiericcio basso e contenuto proveniente dai corridoi dagli uomini in camice. La sua stanza è l'ultima in fondo al corridoio del reparto di chirurgia, piccola e con un solo letto; viene visitata quattro volte al giorno: due volte per i pasti, due volte per il controllo delle flebo e dei medicamenti. La spalla destra è attaccata ad un braccio metallico che tiene immobile l'articolazione, mentre fasciature stringono in petto e le scapole, nascondendo i punti di sutura all'altezza del cuore. Una o due persone sanno davvero chi è il negro lasciato in quel letto: la cartella clinica è bianca e non compare nè un nome nè la provenienza del soggetto. 

La stanza era stata dimenticata per molto tempo, da quando Volkov era stato buttato lì dopo essere stato raccattato da Serenity Valley più morto che vivo. Le condizioni dell'uomo erano abbastanza stabili: sarebbe uscito prima dell'anno nuovo.

Fuori nevica, dentro invece è stranamente caldo. L'infermiera sta ritirando il pranzo, finito, quando tre uomini in completo blu scuro con il simbolo della Marina dell'Alleanza all'altezza del cuore e sul berretto militare, fanno il loro ingresso. Uno solo parla, gli altri due restano a fissare immobili l'uomo a letto.
Me l'aspettavo bianco, mister...?
Volkov. E lei sarebbe?
Tenente Jackson della Quarta Flotta. Mandato qui dal Comando Generale per capire perchè questa stanza è occupata da un uomo che risulta morto. 
Non mi risulta di essere morto; o mi sta minacciando, Tenente?
La fredda ironia del moskovita è evidente, ma priva di ghigni o sorrisi.
Faccia poco lo spiritoso, Volkov. Il direttore della struttura ci ha riferito che lei è stato portato qui nel Giugno del cinquecentoundici con gravi lesioni causate da ordigni esplosivi di tipo militare. Ma nè lui, nè nessun'altro, ha saputo dirci chi è lei nè da dove è venuto. Neanche un conoscente che le è venuto a fare visita. Un fantasma, Volkov. Ma io non credo ai fantasmi. Perciò mi spieghi, sto ascoltando.
La mano sinistra dell'indipendentista si allunga, indicando uno dei due uomini in compagnia del Tenente.
Mi passa una sigaretta, Soldato?
Richiesta che viene esaudita solo dopo il benestare del suo diretto superiore. Si prende tutto il tempo di accendere la sigaretta e di aspirare la sua prima boccata di fumo dopo mesi. Il nervosismo delle bluejacks sempre più evidente.
Un banale incidente.
La risposta ha una semplicità così allarmante che il Tenente è sul punto di perdere le staffe: solleva la testa al soffitto e batte due volte il piede a terra.
Non mi prenda per il culo, Volkov, banale incidente i miei stivali! Lei ha combattuto.
Sono solo un Avvocato.
La sua versione non è credibile.
La sua versione, qualunque essa sia, non è supportata da prove.
Il Tenente si zittisce, arrossendo sul volto. La sua mano si avvicina paurosamente alla fondina della pistola e Volkov lo nota.
Ha fatto quello che doveva fare, Tenente. Ora vada pure, prima che le sue insinuazioni o i suoi gesti avventati danneggino la posizione che ha raggiunto. 
Il silenzio cala per lunghi, interminabili, attimi.
Dovrà presentarsi all'anagrafe per la registrazione e la comprovazione dei titoli, se ne ha.
Ovviamente.
Non ci sono saluti, nè cenni. I tre, velocemente come sono entrati, escono. La giovane infermiera rimasta in disparte, immobile, ad assistere allo scambio di battute, scioglie il disagio provato fino a quel momento con un sorriso abbastanza evidente.
Lei era nel FOM, Mister Volkov?
I due si guardano. La sigaretta viene spenta dentro il piattino di metallo usato prima per il pranzo.
Anche mio fratello ha iniziato l'addestramento, proprio questo inverno.
La mano dell'uomo le fa cenno di sedersi sul letto di fianco a sè.
Il modo migliore per iniziare a servire il proprio paese, Miss...?

martedì 6 maggio 2014

Black sky

Morning Star, Maggio 2516

Volkov mette piede all'interno della propria cabina temporanea della Morning Star.
Nonostante i lunghi giorni di viaggio da Safeport ad Hall Point, tutto lì dentro lascia pensare che la nave debba essere abbandonata improvvisamente. Solo la ciotola di acciaio è pregna di smozziconi e l'aria di fumo sintetico. Il fuso orario è ancora quello di Safeport, nonostante la mattina dopo sbarcheranno sullo Skyplex. Dovrebbe essere, appunto, notte fonda.

La sigaretta spenta è tra le labbra pronta per essere accesa  fumata.
In spalla ha un asciugamano umido.
Non si aspetta di trovare una presenza umana all'interno della propria cabina; nessuno entra mai nella propria cabina, se non per un motivo davvero importante.
Sarah Tyler sta seduta con le gambe incrociate sul letto e le braccia poggiate sulle ginocchia. I pantaloni di tessuto marrone e la canottiera nera non nascondono i lineamenti femminili della giovane donna, nè parte della muscolatura nervile e scattante.
Vai a dormire, Tyler.
Lei però continua a guardarlo seria, con insistenza e pedanza.
Non ho sonno.
E più del solito la 'traker, quella sera, è testarda. Volkov si accende la sigaretta e la poggia sul posacenere; senza nessun tipo di pudore si libera degli abiti indossati per tutto il giorno, pronto probabilmente per andarsene a letto. Prima l'asciugamano e poi ogni capo che si toglie di dosso, viene ripiegato ed impilato l'uno sull'altro con metodica routine; il tutto dal letto viene poi posato sul mobiletto ad un angolo della cabina.
E se un giorno me ne andassi anche io?
Le lenti a contatto dell'ATAS vengono tolte, sostituite da un paio di occhiali da vista sottili.
Te ne saresti dovuta andare già dopo Serenity Valley, come hanno fatto altri soldati. Trovare un uomo e mettere su famiglia.
A quella risposta lei solleva le braccia incrociandole davanti al petto; gli occhi chiari restano su di lui; con un pesante groppone in gola.
I think that you're ...
Ma viene fermata prima che possa aggiungere qualsiasi cosa: con le pillole in mano che attendevano solo di essere messe in bocca, il tono freddo e baritonante echeggia per tutte le quattro pareti della cabina.
Niet, Tyler. Vy're tired and young.
Naye, Chief. I amn't.
Le pillole calano nella gola del korolevita con riluttanza, neanche la gola fosse diventata improvvisamente secca e ispida. Scuote il capo, visibilmente, mentre con la sinistra ferma la spalla destra mentre la fa roteare.
E' tutto Tyler. Ora và a riposare.
La questione viene sedata e congelata ed ogni possibilità di riposta assassinata dalle ultime parole dure dell'uomo. La giovane 'traker abbandona la cabina senza voltarsi, limitandosi solamente a chiudere la porta della cabina con più forza di quanto fosse necessario.

venerdì 2 maggio 2014

It's raining

Capital City, Maggio 2516

Quella sensazione è una costante.
L'odore della pelle della donna che condivide il suo letto è sconosciuto, ma allo stesso tempo familiare. 
Il colore degli occhi molto più scuro di quello che realmente è.
Persino il suono della voce sembra ovattato e confuso, come se fosse presente unicamente nella sua testa.
Troppe pillole amico: senti le voci.
Quasi non sente la donna dai capelli biondi e dalla pelle chiara che stringe con decisione e forza a sè. C'è quella voce amorfa, gracchiante, come il gesso affilato sulla superficie di una vecchia lavagna nera.
Hai persino le allucinazioni. Avanti chi è che ti stai scopando?
Sente quella voce gracchiare, ridere. Per lunghi secondi. Fastidiosa, ma ha ragione.

Quando Melanie Bishop lascia il suo appartamento, può finalmente smettere di fingere di dormire.
Si alza faticosamente, con la spalla che pulsa di dolore vivo, come se in quel momento stesso qualcuno gli infilasse un chiodo rovente nell'articolazione. Il cassetto del comodino viene aperto con così tanta forza che quasi lo sradica; due flaconi sui quali è visibile la scritta "painkiller" sono vuoti.
Magari le hai dimenticate dentro il cannemozze. 
Chiudi la bocca.
La dice lunga sul tuo stato mentale, non credi? Senti le voci, sudi freddo, hai i nervi scossi. Hai anche ricominciato a fumare negli ultimi tempi. Esce fuori il fumatore quando le cose non vanno; e per te le cose non va...
Io sto bene, tu invece stà zitto!
Si alza dal letto a fatica, striscia lungo la parete per cercare di raggiungere un corridoio che all'improvviso si allunga di chilometri. Si muove, ma in realtà è fermo.
Avanti guardati. Cosa farai quando ti finiranno le pillole e ti troverai in mezzo al fuoco delle Bluejacks o a quello di qualche pirata? Non ce la fai, amico. Prendi il cannemozze, avanti. Un colpo.
Sta zitto, capito!? Ce la faccio.
La porta del bagno viene raggiunta a tentoni, alla cieca quasi. Le braccia che si aggrappano sul bordo del lavello ma è la sinistra che a stento raggiunge il mobiletto in cima alla parete e a gettare giù, nel lavandino i flaconi di pillole. Lo apre, versa il contenuto lì dentro; poi ne prende un pugno, tre o quattro pillole, e le getta in gola a secco.
Diana Williams, vero? Com'è che se n'è andata?
Le braccia reggono il busto sopra il lavello, con il capo gettato verso il basso e se non fosse che la testa fosse attaccata al collo, probabilmente starebbe già rotolando a terra.
Fuori dalla finestra piove. Sotto il naso sente l'odore della terra bagnata che mischia all'odore di piscio e di putrefazione; l'odore del sangue misto a quello dello xentio. La pioggia non batte contro la finestra ma contro lamine di ferro rinforzato e pozze di fango. 
Non ce la fa a dirgli di nuovo di stare zitto, o di smettere di ridere nella sua testa.
Quando alza la testa, per inquadrare lo specchio il suo riflesso è smembrato, scarnato: occhi enormi e neri; denti appuntiti che scendono irregolarmente da delle gengive sottili, messi in evidenza dalla mancanza delle labbra; da sotto la mascella ha due appendici sottili apparentemente simili ai tentacoli di un polipo; il naso è cavo, come un teschio. Sorride il suo riflesso.
Abituati a vedere la tua faccia, amico.
Un batter di palpebre, e quel fantoccio allo specchio, le voci, spariscono. La spalla fa già meno male.
Tornato in camera da letto, va alla ricerca delle sigarette. Fuma.
Dice bene chi afferma che nessuno smette, veramente, di fumare.

venerdì 18 aprile 2014

In the bad liar

Oak Town, Aprile 2516

Marshall lascia cadere la sua sigaretta a terra, prima di tornare ai festeggiamenti.
Quando ti senti, parliamo di quella spalla, Chief.
Ivan opta per restarsene ancora fuori, davanti alla prua della All Saints, per accendersi la Black Mamba lasciatagli dal medico. Tutta la serata non è stato affatto di buona compagnia, preferendo la solitudine e l'aria fresca notturna al calore dell'unione e della compagnia. Molti degli invitati sono andati via, qualcun'altro continua ad allungare i brindisi in onore dei novelli sposi.

Giocherella con una piccola piastrina metallica, militare, che fa passare tra le dita senza nessuna abilità e con movimenti impacciati di quelle. Fumo nero che di tanto in tanto lo costringono a strizzare gli occhi quando gli stessi vengono colpiti dalle fumate.

In chiesa ti ho visto in difficoltà.
Quando sente la giovane voce femminile alle proprie spalle, la mano destra si chiude a pugno nascondendo la piastrina militare all'interno. Riconosce il suono della voce, e l'accento di Shadetrack, di Sarah. Non si volta, ma pizzica via della cenere a terra prima di rispondere.
Le cerimonie religiose non fanno per me.
Ma la ragazza ha un orecchio fine ed una buona vista; inoltre è sicuramente la persona che conosce meglio il capitano di colore. Lei scuote il capo, seguendo il movimento della mano destra dell'uomo e notando quando lui rimette nella tasca del coat nero la piastrina militare.
How'r you?
Ya'v fine.
Due pianeti dello stesso sistema solare, ma che cozzano tra loro per differenze radicate da secoli di civilizzazioni differenti.
Sei un pessimo bugiardo, Capitano.
Non bere troppo, Tyler. Domani mattina riprendiamo la nave e torniamo a Safeport: ho bisogno di un pilota sobrio e sveglio.
La saracinesca metallica del diplomat viene abbassata ermeticamente, lasciando fuori anche la giovane pilota indipendentista. Lei scuote il capo nuovamente, desolata probabilmente; per una manciata di secondi si potrebbe dire che gli occhi della ragazza diventino appena più lucidi e tristi. Si stropiccia gli occhi ed annuisce.
All'alba saremo operativi, Ivan.
Grazie.
La ragazza si ritira, tornando ai festeggiamenti. L'uomo getta a terra la sigaretta solo per accendersene un'altra subito dopo. Riprende nuovamente quella piccola piastrina militare, risalente alla Grande Guerra. Inspira a fondo, la mano sinistra che reggeva la sigaretta si fa più rigida tanto da spezzare, inconsapevolmente, quella cicca appena accesa.

mercoledì 26 marzo 2014

Bones

Lakewood, Febbraio 2516

L'ultima volta che aveva messo piede a Corona ed era stato a Lakewood, la clinica del dottor Nixon poteva quasi essere scambiato per uno studio veterinario. Ad oggi invece, a distanza di più di quindici anni, lo studio medico aveva inglobato diverse altre cliniche ingrandendosi fino alle dimensioni di un Policlinico universitario.

Steven Nixon si presenta come un avvenente uomo sui quarantacinque; occhiali spessi sul viso, barbetta e capelli castani ben curati ed un immancabile camice che nasconde malamente un fisico longilineo e secco. Mani fine e lunghe, adatte più ad un ginecologo che ad un ortopedico. Il direttore fa sedere Ivan sul lettino del suo studio quando la risonanza magnetica termina. L'avanzata strumentazione medica a disposizione di quell'ospedale non è tra le più avanzate di Corona, ma sicuramente un passo avanti rispetto a molta della tecnologia sparsa negli ospedali del Core.
Finiscila di guardare quelle lastre e dimmi cos'è che non va nella spalla.
L'uomo annuisce. Si toglie gli occhiali per una manciata di secondi, così da stropicciarsi gli occhi.
Da quand'è che la spalla ti crea problemi, Ivan?
Nonostante quell'uomo si sia completamente adattato all'interno del Core, tra la sua gente e con le loro usanze, un orecchio attento troverebbe ancora qualche caduta nell'accento: qualche dettaglio che potrebbe ricondurre ad uno slang tipico di Koroleva.
Da luglio, dottore.
Dallo scoppio della guerra?
Dà. Precisamente. E' la spalla che uso per il fucile.
Il medico guarda dritto negli occhi il Chief. I due restano in silenzio per qualcosa come due o tre minuti.
Le opzioni sono due, vecchio mio. Cominci a fare l'avvocato di professione e lasci perdere il browncoat una buona volta per tutte, oppure quella spalla presto o tardi te la dovranno amputare.
Operatela, allora!
E' già stata operata e la rimozione del perno all'interno dell'osso potrebbe comunque causare il danneggiamento irreparabile dell'articolazione. L'operazion...
Il nero balza in piedi dal lettino, avvicinandosi minacciosamente al medico: lo prende per il colletto e lo solleva da terra di una quindicina di centimetri: la differenza d'altezza che c'è tra i due.
Cosa cazzo significa questo, Steven!? Che se non voglio diventare un fottuto handicappato devo cominciare a fare lo scribacchino per tutto il resto della mia vita?!
Per molti secondi sembra fuori controllo. Il dolore all'articolazione, accentuato dal sollevamento del medico da terra, arrossano ed accendono gli occhi.
Boris, adesso, stà calmo. Rompermi l'osso del collo non risolverà la situazione.
Come un toro davanti ad un tappeto rosso, il Diavolo respira a fondo per cercare una lucidità persa in quei secondi. Lascia la presa. Indietreggia e ritorna nei pressi del lettino; dà le spalle al medico, piegandosi in avanti con la schiena mentre le braccia la reggono facendo da perno sulla brandina stessa.
Sei ancora in tempo per ritirarti, Ivan. E devi ritirarti oggi: domani potrebbe già essere troppo tardi.
Prescrivimi antidolorifici.
Non hai sentito quello che ti ho appena detto?
Sei tu che non hai sentito.
Il nero ritorna dritto, marziale, con la postura. Riprende i suoi abiti corer, eleganti e di pregiata fattura. Il dottore raggiunge la sua scrivania e alla fine si decide a prescrivere la cura.
E' presto per la pensione, Steve.
Ed è tardi per farti ragionare, Boris.
I due si stringono le mani. La ricetta sotto la giacca del Chief, i contanti nella bustarella nel cassetto della scrivania del medico. Le risonanze magnetiche che vengono gettate nel tritacarte. 

mercoledì 5 marzo 2014

Other lives: Alexander McAllister

Jack McAllister era originario di El Paso, mentre sua moglie Francine di Oak Town. Entrambi nativi di Greenfield da diverse generazioni ed entrambi estremamente legati alla loro terra nativa. Dalla loro unione, nel 2482, nacque Alexander, il quale crebbe secondo le classiche tradizioni rurali tipiche di quel pianeta agricolo. Prima della guerra i McAllister erano abbastanza conosciuti ad Oak Town: un ranch di alcuni ettari che per via delle dimensioni ridotte forniva lavoro solo ad una decina di braccianti; tuttavia i cavalli allevati in quel ranch erano invidiati perfino da mason e Fulham. 

A sedici anni, Lex abbandona la scuola e lavora con il padre tra i campi e nei pascoli; spesso accompagna la zia Anne, pilota commerciale, durante i suoi viaggi. Grazie a questa esperienza conosce anche le altre realtà del 'Rim e del Core ed è verso quest'ultimo modo di vivere che si dimostra sempre più scettico e diffidente. Nel 2500 Jack parte per Hera, lasciando l'attività familiare nelle mani del figlio; nei sei anni antecedenti lo scoppio della Guerra, Lex vedrà suo padre poco più di due volte all'anno ed ogni volta che rientra nel suo pianeta nativo racconta della guerra che da un anno all'altro potrebbe scoppiare e per la quale lui stesso si sta preparando, su Hera.

Con lo scoppio della Guerra, Lex si arruola nell'esercito Indipendentista seguendo le orme del padre (Tenente del 15th Reggimento Polaris) e mosso dalla stessa fame di libertà e di indipendenza: i viaggi nel Core non hanno fatto altro che formare in lui uno spirito fortemente critico riguardo la vita e le tradizioni della gente. I primi mesi li passa su Hera durante i quali completa l'addestramento di base; successivamente viene trasferito nel 6th Reggimento Columba con i gradi di Sergente. 

Mountrath, Marzo 2508

La cittadina a nord delle Kilmarock, dopo mesi di strenua resistenza nelle trincee durante la campagna invernale, era stata riconquistata. Una postazione tuttavia fragile e difficile da mantenere se non il tempo necessario per resistere e permettere ai civili ed ai feriti di arretrare verso Tallaght. La fanteria e l'artiglieria pesante della Flotta Alleata tuttavia era riuscita a circondare la cittadina costringendo i Soldati Indipendentisti ad affrettare le manovre di ripiegamento.

Lex occupa una delle linee avanzate, di copertura all'interno di una palazzina sventrata e scoperchiata dalle granate e dai colpi dei mortai. Nonostante il sottofondo sia il costante suono dei proiettili e delle esplosioni, la situazione in quella postazione sembra tranquilla. Il Sergente prende del tabacco sintetico per cominciare a rollarlo. Il temporale getta acqua a secchiate rendendo l'operazione del giovane soldato estremamente lenta e complessa. Abbassa la guardia, trovandosi presto sotto mira da uno degli assaltatori nemici. E' un attimo, prima che il Bluejack prema il grilletto; un attimo insufficiente al Browncoat di accorgersi del pericolo e di porre rimedio. Ma prima che il grilletto venga premuto dal nemico, la sua gola viene tagliata di netto dalla lama affilata di un coltello. Il Soldato Alleato crolla a terra, in una pozza di sangue caldo.
Lex guarda l'uomo dalla carnagione nera, rimasto in piedi e che inguaina nel fodero il coltello ancora caldo di sangue.
Grazie.
L'espressione del giovane greenler è ancora spaesata per la lentezza in cui quei secondi si sono susseguiti; e trova in risposta a quel ringraziamento uno sguardo scuro e severo del superiore di grado. 
Non sapevo fossi qui, Tenente.
Stealth. Mai sentito?
Non è materia d'addestramento.
Volkov prende il fucile dalla sua vittima; controlla i proiettili del caricatore prima di infilare gli stessi nelle tasche del giubbotto antiproiettile. Lex si accende la sigaretta, cominciandola a fumare.
Non succederà più.
Se succede, Sergente, mi limiterò a guardare. 
Stessa sigaretta che agli occhi del sottufficiale sembra essere diventata un boccone troppo grosso da mandare giù, dopo le parole dell'ufficiale. La getta a terra dopo neanche un tiro, spegnendola dentro una delle pozze d'acqua e fango.
Dobbiamo liberare la zona. Alla svelta. Trenta uomini dietro quell'edificio, mortai; niente carri per ora. Cercheranno di catturarne un pò prima di attaccare. Hanno mandato due in pattuglia, ma li ho fatti fuori.
Io non ho sentito niente...
Sulle labbra del Tenente si delinea un sorriso leggero ed appena percettibile; scuote lentamente il capo in segno di resa.
Esatto. Comunque: qui non possiamo fare niente. Raduna gli uomini. C'è un corridoio a sudest ancora libero; se ci sbrighiamo riusciamo a raggiungere la squadra di Williams e resistere. Poi ripieghiamo verso le montagne. Tutto chiaro, Sergente?
Limpido, Tenente. E la tua squadra?
Ci aspetta al corridoio; non potevo lasciarvi qui, Sergente. Avanti, muovi il culo!
Nuovamente il biondino resta spiazzato, squadrando nuovamente dalla testa ai piedi il grosso graduato di colore e prendendosi una pacca sulla spalla. Deglutisce, annuisce. Muove a raccolta degli ultimi uomini rimasti nella zona, prima di ripiegare in direzione sudest.


Con la fine della Guerra, nella quale ci rimette l'occhio sinistro, dopo aver seppellito suo padre morto a Serenity Valley, Lex rientra nell'Esercito Indipendentista e mettendo in piedi una Cellula di resistenza Indipendentista chiamata Blood Traders. Distrugge e cattura diversi Avengers della Flotta Unionista e guadagnandosi il grado di Ammiraglio durante la Guerra di Polaris comandando il 7th Airborne Array di stanza tra Shijie e Saint Andrew. Attualmente, terminato il secondo conflitto, la sua piccola Flotta continua l'opera di assalto lungo il confine Border-Rim delle navi dell'Alleanza.


Adm. Alexander McAllister, Shijie 2515

martedì 4 marzo 2014

Lost in lone

Corelain Quay, Dicembre 2507

L'accampamento militare è particolarmente vuoto.
In seguito alle informazioni ricevute dall'Intelligence korolevita sull'imminente sbarco delle truppe Alleate su Shadetrack, le truppe Indipendentiste erano state spostate alle trincee a nord, sulle Kilmarock Mountains e a 20 km a sud di Mountrath: cittadina occupata dall'Alleanza nelle settimane successive e predisposta già allo sbarco del nemico.
Non mi hai ancora spiegato perchè a differenza dei tuoi commilitoni di Koroleva, Volkov, tu abbia scelto la trincea.
Il Colonnello Fox allunga il pacchetto di cheltenham all'uomo di colore, il quale da quella ne estrae una sigaretta per iniziarla a fumare. Non risponde subito, dedicando i primi secondi di quel discorso al fumo denso e sintetico.
Perchè finchè Shadetrack resiste, i soldati del fronte Columba non dovranno razionare le provviste.
Non ti ho chiesto un'analisi tattica dello scenario bellico, Tenente, ma le tue motivazioni personali.
Perchè sono stato addestrato ad uccidere, Colonnello.
Gli occhi verde scuro dell'uomo restano su Volkov per molti secondi, squadrando il soldato dalla testa ai piedi fosse la prima volta che il nero gli capitasse davanti. La domanda diretta e schietta del sottoposto lo lascia perplesso ed amareggiato, costringendolo a fumare con una maggiore intensità e nervosismo.
Guardati intorno, Volkov. Quanti dei tuoi compagni sono in guerra perchè amano uccidere? Probabilmente tu ed una manciata di Spartani.
Probabilmente perchè gli altri soldati hanno portato i cavalli al pascolo fino a due anni fa, Colonnello.
A quelle parole il Colonnello scatta in maniera istintiva, tirando un pugno proprio all'altezza del naso del suo sottoposto, rompendolo. Il sangue dipinge la bocca del moskovita il quale però si limita unicamente a sputare a terra del sangue rimastogli in bocca. 
Sarai anche un freddo killer, soldato, ma non sai un cazzo di questa guerra. Guardati intorno. Madri di famiglia, ragazzini senza ancora i peli sul petto, vecchi costretti sul bastone che però danno una mano nelle infermerie o nelle mense. Molti di loro fino a due anni fa non avevano mai ucciso nessuno. Loro combattono perchè credono che versare il loro stesso sangue sia un prezzo accettabile rispetto ad essere stritolati dalla morsa dell'Alleanza. Ed è per questo, Volkov, che non avrai mai il rispetto e la fiducia dei tuoi uomini: perchè tu combatti per uccidere, loro combattono per vivere.
Il Colonnello getta la sigaretta a terra, consumata solo per metà. La fiamma che si spegne nella poca neve accumulatasi a terra. Il Tenente lo segue, con lo sguardo, in silenzio; anche la sua sigaretta stretta tra le dita ma senza essere fumata.
Sta per cominciare la Guerra, Tenente. E nessun addestramento ti prepara davvero a resistere in trincea. Da solo, non durerai un mese.
Quello che era iniziato come un dialogo, termina in un monologo. Presto l'unica luce nei pressi di quelle tende militari è la sigaretta dell'ufficiale nero. All'alba, anche ciò che è rimasto di quel campo militare ai piedi delle montagne verrà smantellato e spostato più a nord, dove la guerra avrebbe avuto luogo.

Col. Philip Fox, Shadetrack 2507

mercoledì 19 febbraio 2014

Holy Gun

Las Cruces, Settembre 2507

Il Sesto Reggimento disponeva di numerosi distaccamenti sparsi all'interno del Columba; i due distaccamenti principali erano stanziati su Spartaca e Shadetrack sotto la guida di due Colonnelli tra i migliori nell'esercito Indipendentista.

Il Colonnello Fox considerava tatticamente importante che si raggiungesse un accordo con le Autoridad di Las Cruces per allestire un centro di comando all'interno delle catene montuose che racchiudevano la regione. E a trattare con le autorità locali furono inviati 200 uomini: uno Squadrone da 150 soldati a cavallo (suddivisi in 3 Plotoni da 50 uomini) e un Plotone di Fanteria mobile composto da 50 uomini. Il Tenente moskovita venne incaricato di comandare la piccola Compagnia mista e sotto di lui altri quattro Sergenti ai suoi diretti ordini. 

Gli uomini raggiungono l'Anello che è ormai tramonto, decidendo perciò di accamparsi nei pressi della lingua di fiume che scorreva dentro la catena montuosa. Il tempo di piazzare le tende ed è già buio; divisi per turni, gli uomini hanno il tempo di lavarsi nel fiume, mangiare e montare la guardia e riposare prima dell'alba.

Diana Williams e Alexander McAllister, due dei Sergenti incaricati del comando dei plotoni (rispettivamente cavalleria e fanteria) sono in cima alla torretta di vedetta, alle prese con tabacco naturale e con qualche chiacchiera in compagnia dei fucili.
Non mi piace.
Ti dico che esageri, Lex.
Ed io ti dico che ho ragione. Koroleva non manda nessun soldato da mesi e poi, all'improvviso, ci manda una spia del cazzo e si aspetta che lo chiamiamo Signore, Tenente.
Sputa a terra, in segno di spregio. La voce tra i due è estremamente bassa.
Lo so io, Diana, che ci fa qui quello: sabotarci. Chiamerà i Culi Blu quando dormiremo e ci massacreranno tutti. Quello lì, era su Xanto, prima di venire qui...l'ho sentito dire dal Capitano Smith.
Il Capitano Smith è un idiota che non ha mai preso in mano un fucile e che suo padre gli ha comprato il grado con trecento dei suoi schiavi di Clackline. 
Lei si accende la sigaretta, poi passa i cerini al compagno di vedetta.
E avresti dovuto parlare con il Caporare Collins, Lex: lui era a Sadrany con Volkov. Hanno catturato un Avenger militare in soli dieci uomini.
Puttanate.
Beh, credo più al Caporale che al Capitano.
Alexander storce il naso, scettico e diffidente. Tortura le labbra con i denti e la sigaretta mentre l'attenzione sua, e della donna, scivola sui cavalli che escono dall'accampamento con il portavoce delle Autoridad. Probabilmente avrebbe aggiunto altro se non fosse che lo stesso Volkov sale sopra la torretta. Impossibile non sentire il suo passo pesante e non vedere il suo imponente profilo.
Come è andata, Tenente?
Non ne sono sicuro Williams. Sono cocciuti ed arroganti: dicono che lo Spirito Santo sarà loro più utile che un Battaglione di uomini.
E occupiamoli, allora!
Frena i tuoi bollori, Sergente McAllister. Non sono loro i nostri nemici; e poi sarà il Colonnello a decidere. Per il momento, rompete le righe e andate a riposare. Resto io.
Alexander è il più riluttante a lasciare la postazione al solo ufficiale; lo squadra come un cane selvatico che per la prima volta vede un essere umano ma sbattendo contro uno sguardo gelido e freddo. Deve rinunciarci ed infine, avviarsi dietro l'altro sottufficiale. 

martedì 18 febbraio 2014

Other lives: Diana Williams

Nel centro di Colerain Quay la famiglia Williams non se la passava male. Possedevano una piccola stazione postale con la quale, tramite dei convogli di terra, smistavano pacchi e merci tra i vari villaggi della regione. Dall'unione di Mike e Cassidy vennero alla luce due maschi ed una una femmina: Simon, Alec e Diana. Le origini paterne, figlio di un commerciante spaziale migrato da Blackrock, e la colorazione scura della pelle che tramanda ai figli, sarà sempre motivo di disprezzo da parte di parte della popolazione di Quay. Nonostante questo però, l'infanzia e l'adolescenza trascorrono tranquille, seguendo l'istruzione parrocchiale garantita dal Monastero del paese e ammaccandosi le ginocchia tra i campi fuori città. I due maschi vengono educati dal padre all'attività di famiglia: a sparare per difendere le loro diligenze e ad allevare i pochi cavalli utili per i trasporti. A Diana invece, dalla madre, viene impartita un'istruzione domestica da buona moglie di casa; questo quando non chiede ai fratelli (di 4 e 7 anni più grandi) di insegnarle a cavalcare e a sparare a sua volta.

Quando nel 2500, a vent'anni, rifiuta un matrimonio combinato, i genitori le lasciano finalmente la libertà di gestirsi la propria vita. Segue i due fratelli dappertutto: durante le scorte, durante le battute di caccia, durante le periodiche collaborazioni con lo sceriffo locale nella cattura dei ladri di bestiame. Quando sei anni dopo scoppia la guerra, anche lei si arruola tra i Browncoat insieme ai fratelli mossa da un forte sentimento di revanscismo nei confronti di quella società maschilista e convinta di poter dimostrare che anche lei, una donna di colore, possa fare la differenza. Solo negli anni successivi acquista la consapevolezza che non si tratta solo di una battaglia personale, ma di una Guerra che avrebbe radicalmente cambiato la vita di tutti i soldati che la combattevano e di tutte le popolazioni coinvolte.


Corelain Quay, Agosto 2507

L'enorme Tomahawk atterra nella pista d'atterraggio al centro di quel piccolo polo industriale planetario, scaricando decine di soldati arrivati direttamente da Hera per il supporto alla fanteria di terra. La terra secca e arroventata dal sole a mezzodì brucia i volti dei soldati. E' un convoglio multietnico dei più disparati, ma accomunati tutti dal browncoat, dagli elmetti e dai fucili d'assalto. E mentre dalla nave i vari plotoni seguono le direttive dei loro sovrintendenti, il Korolevita nero rompe le righe avviandosi direttamente verso la tenda degli ufficiali. Quando l'attesa finisce ed il Colonnello Fox esce dalla tenda, squadra dalla testa ai piedi il Tenente con evidente diffidenza. Facile intuire che la diffidenza derivi dalla generalità dell'ufficiale inferiore: in quei mesi di conflitto non un soldato da New Moskow era stato inviato su Shadetrack.
Tenente Volkov a rapporto, Signore.
Il saluto militare è preciso e formale, rigido ed autorevole. Il Colonnello fa cenno di riposo.
Da quanto Koroleva manda i suoi ufficiali sul fronte? Non vi eravate rintanati dietro la vostra fottuta neutralità?
Ma il graduato minore non risponde. Fissa con occhi gelidi gli occhi chiari di quell'uomo sui 45 anni, con la pelle bruciata dal sole ed i capelli ampiamente brizzlati; l'evidente accento di Shadetrack viene riconosciuto al volo. Il Colonnello non riesce a provocare nessuna insubordinazione nel Nero; si schiarisce la voce.
Il Sergente Williams ti accompagnerà alle tende e ti mostrerà l'accampamento. Per il momento è tutto: benvenuto nel Sesto Reggimento Columba, Volkov.
E prima del congedo, il Colonnello indica all'ufficiale una donna non lontano dalla tenda alle prese con una sigaretta artigianale e che evidentemente aspettava che il colloquio con il Colonnello terminasse. Alta e slanciata, una muscolatura definita ma più che forte e resistente, scattante e rapida. Una canottiera semplice e smanicata, color marrone, lascia scoperte le spalle ed il collo dalla carnagione mulatta della giovane donna che ad occhio e croce avrà circa una manciata di anni meno dell'ufficiale. Punta lo sguardo sul suo petto, leggendo i gradi e le generalità prima che lei stessa si presenti.
Sergente Williams, Tenente. Può dare la sua borsa a me.
Non c'è n'è bisogno Sergente. I giorni di viaggio non mi hanno reso andicappato.
C'è dell'ironia evidente, ed un sorriso della donna che la fa rilassare maggiormente; lei l'anticipa, ma attendendo di essere affiancata dal superiore.
Com'è la situazione qui, Williams? Ho sentito che l'Alleanza è atterrata sul pianeta con una delle sue navi. Ci sono state perdite?
Si, Tenente: si sono accampati a nord delle montagne, ci aspettiamo un arrivo in forze in inverno. E durante un'azione di esplorazione, la scorsa notte, abbiamo perso alcuni uomini.
L'umore della Truppa?
Alto: abbiamo seppellito diversi di quei cani. Dove è stato assegnato?
Cavalleria d'assalto, sedicesimo squadrone. Dovrò sostituire il Tenente Jackson: dicono che abbia lasciato le rotelle sul campo.
La donna sospira, amareggiata. Scrolla le spalle.
Saremo nella stessa unità.
Sai cavalcare?
Mi prendi per il culo? Ahm, intendevo dire che...
Allora portami dai cavalli e facciamo un giro. Ho bisogno di sgranchirmi la schiena e di riprendere la mano con quelle bestie. Dovrai darmi qualche dritta.
Non se lo fa ripetere due volte, lei. Accelera il passo costringendo il suo superiore a starle dietro, per affrettare il giro del campo e per fargli lasciare la roba nella tenda. E per avere più tempo per un giro di ronda e controllo a cavallo. In quelle ore nel campo militare di Corelain c'è una calma assoluta spezzata solo dall'arrivo delle nuove truppe. E' ancora Agosto: l'Alleanza non ha ancora messo piede su quel pianeta. 


Sgt. Diana Williams, Shadetrack 2507

lunedì 17 febbraio 2014

Other lives: Kayla Madison

Thomas Madison era un membro del senato di Corona mentre sua moglie Lise Taylor una famosa donna di spettacolo contesa dai maggiori teatri delle capitali dei pianeti del Central. Dalla loro unione, ebbero una sola figlia nel 2482: Kayla. La ragazzina, dalla carnagione abbastanza scura (ereditata dalla madre) crebbe negli ambienti d'élite della capitale di Corona, istruita alle buone maniere e alla recitazione. Nonostante le ambizioni politiche paterne, che vedevano la figlia al proprio fianco, raggiunta la maggiore età Kayla decise di intraprendere la strada della Shouye. Una decisione presa, forse, troppo frettolosamente. 

Grazie alle influenze patene, scalò la piramide gerarchica della Casa velocemente e quando scoppiò la guerra, nel 2506, divenne una delle ambasciatrici più giovani a mediare tra le innumerevoli trattative tra Indipendentisti e Alleanza. Eccellente nel parlare ed abile nel convincere le personalità militari dell'una o dell'altra fazione. Ma commise un solo errore che però le fu fatale: si innamorò di un giovane, coetaneo, Soldato semplice dell'esercito Indipendentista.

Durante la guerra la relazione rimase segreta, ma con la fine di essa riuscire a mantenere la relazione divenne arduo e opprimente. Le giustificazioni per i continui viaggi verso Saint Andrew cominciarono a vacillare tanto che la Casa mise alle costole della giovane donna un equipaggio di Contractors. Quando la relazione venne scoperta, costretta a scegliere tra onore o amore, lei scelse l'amore. Beffa ed ironia della sorte vollero che l'uomo per il quale lei aveva rinunciato a tutto, saputo del disonore, l'abbandonò. Distrutta e braccata si rintana a Safeport dove cambia nome ed identità, entrando a far parte delle prostituire di un bordello di Sunset Tower.

Sunset Tower, Febbraio 2516

La luce tenue del Polaris filtra attraverso le saracinesche semichiuse, disperdendosi all'interno di quella stanza dove il bordeax è il colore predominante. Le candele dell'incenso si sono consumate, così come il candelabro che d'oro ha solo il colore. Tutto all'interno di quel bordello del Jackmark, all'interno di quella stanza, ha solo l'apparenza di essere prezioso. Così come le persone che riempiono quello stabile nascondono sotto sorrisi passati da reietti, schiavi, miserabili.

Sopra una sedia è appeso il Blackcoat sul quale primeggia la visuale del grosso Mauler e del cinturone armato di shotgun. Gli altri vestiti sono buttati a terra. Gli occhi scuri del Capitano fissano le feritoie delle saracinesche, la luce che si sperde nella camera larga non più di 5 metri per 5.La mano destra è piegata dietro la schiena, la sinistra poggiata sulla schiena di una donna dalla carnagione mulatta e decisamente più chiara rispetto al nero pece del korolevita. Le dita callose e dure picchiettano sulla pelle morbida della donna.
Dormi.
E' tardi.
E' l'alba.
Non posso restare.
Puoi, Boris. Il tuo equipaggio ti aspetterà. 
Lei alza la testa, per strisciare dal petto all'altezza della capo dell'uomo. Gli passa in rassegna le cicatrici vecchie, sul petto e sulla spalla; poi quelle nuove che riempiono gli addominali. 
Tu sei sempre in guerra, Boris. Facevi la guerra su Corona, l'hai fatta su Xanto e l'hai fatta in trincea. Non eri soddisfatto: hai dovuto combattere anche su Bullfinch.
Ed è proprio in quel momento che con espressione dura, solleva appena la schiena dalle lenzuola e afferra la donna per i fianchi, facendola ribaltare di schiena sulla parte libera del letto; togliendosela di dosso quasi fosse una bambolina di pezza.
Kayla, perchè scopiamo non significa che tu mi conosci.
Sei un libro aperto, Ivanovich Volkov. Non dimenticarti che ho avuto un'istruzione da Accompagnatrice e che sono stata la Tua Accompagnatrice in tutti quegli anni a Corona. 
E quindi cosa ti aspetti da me?
La donna si irrigidisce. Solleva le lenzuola per nascondere il ventre, i seni e le spalle. Lui al contrario si prende tutto il tempo che gli serve per rivestirsi.
Niente.
E allora non farne una tragedia, Kayla.
Il resto dei minuti sono di silenzio. Il rumore degli abiti che il moskovita si rimette addosso e le cinghie delle armi che vengono riassicurate. Infine, il rumore dei pesos che tintinnano sul tavolo e la porta che si chiude.


Kayla Madison, Safeport 2516