venerdì 23 maggio 2014

Red Eyes

Stalingrad, Maggio 2516

L'ufficio stranamente non è spoglio: le pareti sono tappezzati da alcuni famosi e costosi quadri - ma che un occhio non avrebbe difficoltà a notare che sono falsi; così come quell'ufficio non è neanche freddo, ma riscaldato da un enorme camino in fondo alla stanza. A qualche metro dal caminetto c'è quell'unica, grande, scrivania che occupa il centro della stanza insieme a diverse sedie.
Dall'enorme quadro raffigurante, sopra il caminetto, un soldato in alta uniforme Rossa - sulla quarantina - guarda severamente chiunque attraversa la soglia di quell'ufficio. Chiunque esca da quell'ufficio difficilmente riesce a dimenticare gli occhi del soldato nel quadro o la bottiglia di pregiata e costosa vodka al centro del tavolo. A fare gli onori di casa: Igor Simanov. Nessun patronimico ad accompagnarlo: nessuno lo ricorda (o vuole ricordarlo). Per tutti è semplicemente Simanov. Non ha un vero grado, nè un effettivo ruolo nel Governo. Si dice che abbia prestato servizio nel FOM giovanissimo e che abbia portato a termine missioni delicate e rischiose con facilità estrema; grande sostenitore del Governo, si dice abbia soppresso nel sangue innumerevoli gruppi di opposizione politica. Nessuno sa quanti anni abbia: qualcuno sostiene abbia passato i 100 "da un pò" ma che si mantenga molto più giovane grazie a particolari tecnologie, dimostrando un'età di 70-80 anni.

Gli occhi dell'uomo sono penetranti e pungenti, che si contrappongono al ghigno basso delle labbra. I baffi, il pizzetto e la barba rivelano sfumature bianche che si confondono con il castano - anche dei capelli. Mani grandi e tozze, callose, che riempiono prima il bicchiere dell'ospite con quella vodka e solo successivamente anche il suo.
Accomodati, Volkov.
La mano ruvida dell'uomo indica la sedia di legno massello che è dall'altro lato della scrivania. Il bicchiere viene allungato verso il capitano dei Diavoli.
Non li avete ancora recuperati.
Negativo, Signore. Ma ci stiamo lavorando.
Tu ed i tuoi uomini non avete bisogno di un incentivo, vero?
Negativo; ma sappiamo da chi recuperarli.
Il primo bicchiere ad essere sollevato è quello di Simanov; se lo porta alle labbra e ne butta giù una sola, semplice, sorsata.
Il nostro Governo è debole, Volkov; indebolito dalla Guerra ed indebolito da uomini che prendono decisioni sbagliate affidandosi a gente sbagliata. Io non sono il Governo, come sai, ma faccio parte delle poche persone giuste sulle quali il Governo si appoggia.
Questa volta è Volkov a bere dal proprio bicchiere, ma una sorsata più lunga di quella fatta prima da Simanov: una sorsata che vuota metà di quel bicchiere. Non fiata; gli occhi scuri osservano con un nascosto timore reverenziale il suo interlocutore.
Sei stato un buon agente, Volkov, ed un buon soldato. Resta nella barricata giusta.
L'altra metà del bicchiere viene svuotata; il nero si rimette in piedi e sull'attenti.
C'è solo una barricata nella quale vale la pena morire, Signore.
Da, è esatto.
Un cenno di congedo del vecchio Simanov, un passo indietro del più giovane Volkov.
Prima che vai via, un incentivo per la tua missione.
Da sotto il tavolo tira fuori un fucile d'assalto, molto più lineare rispetto a quelli in commercio e molto simile alle obsolete armi usate dall'esercito nei primi anni dell'Exodus Day.
Nella Terra-che-Fu i nostri gloriosi antenati usavano queste; ed è anche grazie a queste che divennero una grande nazione. Non devo spiegarti altro: hai l'addestramento necessario per utilizzarla nel migliore dei modi.
Volkov recupera l'AK, girandosela tra le mani pochi secondi: controlla il calcio, controlla il secondo tubo posto sotto la canna principale dell'arma; infine se la ripone dietro la schiena.
Signore.
Un nuovo cenno del capo, militare. Posizione di riposo e poi, quella stanza, viene lasciata alle spalle. Ci vorranno giorni prima che gli occhi del soldato impresso nel quadro sparisca dalla propria mente.

Igor Simanov, Koroleva 2516