mercoledì 28 maggio 2014

Svoloch'

Polaris, Just Bad Luck

I colpi sul metallo delle pareti della cabina di Marshall spesso fanno da contorno al rumore silenzioso dei propulsori della Brigade dei Devils. In più di un'occasione, Volkov, si è fermato fuori quella cabina indeciso se bussare e chiedere di entrare, o passare oltre. Mai la prima delle due opzioni, però, è stata scelta.

La cabina dei passeggeri è perlopiù adibita a prigioni, poichè su quella nave non ci sono passeggeri, ma solo Soldati in Browncoat. Elian occupa la cella più piccola, legata ed imbavagliata, con una benda che le rendi impossibile capire quanto tempo passa da una ronda di controllo ed un'altra. Spesso il Moskovita si ferma a guardarla attraverso le sbarre, in quegli abiti lisi che le sono state dati quando è stata privata dei suoi abiti.

Sarah le dà da mangiare, tenuta sotto stretta sorveglianza dal Capitano affinchè non parli con la prigioniera ma che adempi unicamente al suo compito: dare da mangiare ad Elian una sola volta al giorno. Sarah in più di un'occasione rivolge al Capitano un'occhiata cruda e storta, quasi rabbiosa, ma ricevendo di contro solo uno sguardo freddo e privo di emozioni. Non c'è nessuna pietà sul volto di quell'uomo dalla pelle nera.

Passi pesanti che più volte al giorno battono sul metallo quando osserva le condizioni della prigioniera.
La solitudine, la mancanza di speranza, la mancanza della conoscenza di quello che le sarà fatto sono le prime torture psicologiche che il russo tenta di applicare sulla donna del suo stesso pianeta.


Per quanto tempo pensi di tenerla lì, da sola come un cane?
Finchè non deciderò altrimenti.
E dopo?
Dopo dipenderà da quanto sarà disposta a collaborare.
Non starai pensando di...
Dà. Tutto il necessario.
Sarah si massaggia la fronte, sospirando pesantemente. Lascia la cambusa, tornando in plancia di comando. E lasciando nuovamente Volkov seduto da solo a quel tavolo, con una bottiglia di vodka vuota e metà e due bicchieri dei quali solo uno è vuoto.

sabato 24 maggio 2014

Other lives: Nina Novak

La linea di discendenza dei Novak è lunga tanto quanto la storia di Koroleva e non esisteva una generazione in quella famiglia che non contasse almeno un soldato (se non un ufficiale) nell'esercito del pianeta. Nina nasce a Kansk, una fredda cittadina dell'emisfero settentrionale del pianeta, nel febbraio del 2485 ed è l'unica femmina dopo tre fratelli maschi, tutti e tre ripartiti tra fanteria, genio ed intelligence; per la quarta invece venne scelta una strada diversa. Concluso il primo ciclo di studio, vince una borsa di studi per il corso di Scienze della comunicazione nell'università dell'Alleanza di Xanto. Quando ha solamente vent'anni si sposa con un giovane ufficiale della 4th Fleet e ne prende il cognome diventando Nina Reed; tuttavia nonostante il matrimonio non abbandona gli studi che continua ed affianca ad un lavoro nella testata giornalistica di Sadrany (ottenuto anche grazie all'influenza del marito).

Quando scoppia la guerra e gli Indipendentisti bombardano Sadrany lei non è nella capitale, ma si rifugia tempestivamente in una piccola cittadina periferica che non viene presa di mira dall'attacco. Dopo la laurea, ed a conflitto ormai nel pieno del suo fragore, diventa inviata di guerra a Shadetrack fino alla sua resa; successivamente viene richiamata a Xanto. Finita la guerra, tra le vittime della fine del conflitto c'è anche il nome del marito di Nina, caduto a Serenity Valley; nel 2511 ha soli ventisei anni ed un'ingente eredità lasciatagli dal marito defunto. Anche dopo la guerra continua a lavorare come giornalista. 


Sadrany, Febbraio 2507

Non ha finito di bere il secondo bicchierino di Vodka.
Saranno ormai le due di notte ma non ha nessuna intenzione di rimettere piede nel suo attico lussuoso.
Il locale è grande, dislocato su tre piani sovrapposti: il bar, la pista da ballo, il balcone che si affaccia sulla piazza della capitale; e lui è sull'ultimo piano, con la schiena leggermente piegata in avanti e le braccia poggiate sul corrimano della balconata; la vodka ancora in mano.
Dove hai lasciato la tua giovane fidanzata dell'Alleanza?
Aleksej Romanov ruota il capo, per inquadrare la ragazza bionda che con un sorriso radioso gli si affianca appoggiando la schiena al corrimano della balconata. Ha un lungo vestito nero da sera, liscio, che si adatta perfettamente a quella figura slanciata e dalle forme morbide e lineari. Gli occhi scuri dell'uomo ci impiegano qualche secondo per risalire dallo spacco dell'abito, dalle gambe, agli occhi azzurri e chiari. Anche lei ha della Vodka nel suo bicchiere.
Nina Reed.
Reed, come la figlia del Senatore Reed?
No: come la moglie del figlio del Senatore Reed.
Sposata con un Soldato.
E tu sei su quella strada.
Lei allunga il sorriso, tagliando il viso con un'espressione beffarda. Lui invece torna a guardare davanti a sè, oltre l'affaccio che offre quel grattacielo.
Ho i tuoi ordini, Volkov.
Sentir nominare il suo nome, dopo tutti quei mesi, nel suo accento originale, gli provoca un lungo brivido lungo la schiena.
Credo che tu abbia bevuto troppo, honey.
Ed è a quel punto che la ragazza sussurra qualcosa all'orecchio del nero; una manciata di secondi prima che lei si allontani nuovamente per tornare a poggiarsi sul corrimano.
D'accordo, continua.
Anche lei si gira, dando le spalle al resto del balcone.
La Flotta Indipendentista entrerà nello spazio del Central tra poche ore e sai quanto tempo impiegheranno a giungere qui. Inoltre alcuni soldati Indipendentisti sono già in città in attesa dell'inizio delle operazioni. Quando inizierà l'attacco la base militare di Sadrany sarà la prima ad essere bombardata e la vostra missione sarà di mettere fuori uso le comunicazioni delle base ad attacco iniziato, così che l'attacco possa durare più a lungo; New Moskow non crede nelle potenzialità dei soldati mandati dal Comando sul pianeta, perciò ti vuole nella squadra.
Immagino che non ci sia un piano di recupero.
Immagini bene. Se non lasciate la base prima dell'arrivo dei rinforzi nemici, verrete catturati.
Inspira a fondo; osserva il fondo del bicchiere per bere una lunga sorsata di vodka.
Scoparti una Bluejacks spero sia servito a qualcosa, Romanov.
Penso di si.
Nina ride, si scola il bicchierino di vodka con vorace rapidità.
Se riuscite a raggiungere gli Avenger, posso fornirti una manciata di codici.
Avevi detto che non c'era nessun piano di recupero.
Questo infatti è un favore personale. Io ti fornisco quei codici e ti salvo il culo, tu ti impegnerai a liberarti di mio marito in Guerra. Conosci la sua faccia e so già che verrà mandato su Shadetrack, quando la Flotta sbarcherà anche su quel pianeta.
Tu dai per scontato che l'Intelligence mi manderà in guerra.
Ho letto il tuo fascicolo e conosco la tua storia: quelli come te sono nati per la guerra. Considera la mia proposta solo come un'incentivo sulla scelta del pianeta.
Ivan la guarda di nuovo, ma questa volta con più durezza e dritto negli occhi. Ne riconosce un'autorità che nasconde sotto la giovane età e sotto un atteggiamento sciolto ed elegante; la decisione e la sicurezza nelle sue parole hanno un suono nettamente familiare, dell'odore di Koroleva.
Lo prendo per un sì allora. E a proposito: Golden Hotel, stanza 513, domani sera alle 23.30; sono sicura che anche tu abbia voglia di sentire l'odore di casa.
Si stacca dal corrimano e si allontana; Volkov resta in quella posizione invece, mai cambiata per tutti quei minuti di conversazione. Eppure per molti, troppi, secondi, non riesce a togliere gli occhi dalla schiena nuda, visibile dallo scollo posteriore dell'abito, della giovane bionda.

Quella sera si prenderà anche un terzo bicchiere di vodka.

Nina Novak in Reed, Xanto 2507

venerdì 23 maggio 2014

Red Eyes

Stalingrad, Maggio 2516

L'ufficio stranamente non è spoglio: le pareti sono tappezzati da alcuni famosi e costosi quadri - ma che un occhio non avrebbe difficoltà a notare che sono falsi; così come quell'ufficio non è neanche freddo, ma riscaldato da un enorme camino in fondo alla stanza. A qualche metro dal caminetto c'è quell'unica, grande, scrivania che occupa il centro della stanza insieme a diverse sedie.
Dall'enorme quadro raffigurante, sopra il caminetto, un soldato in alta uniforme Rossa - sulla quarantina - guarda severamente chiunque attraversa la soglia di quell'ufficio. Chiunque esca da quell'ufficio difficilmente riesce a dimenticare gli occhi del soldato nel quadro o la bottiglia di pregiata e costosa vodka al centro del tavolo. A fare gli onori di casa: Igor Simanov. Nessun patronimico ad accompagnarlo: nessuno lo ricorda (o vuole ricordarlo). Per tutti è semplicemente Simanov. Non ha un vero grado, nè un effettivo ruolo nel Governo. Si dice che abbia prestato servizio nel FOM giovanissimo e che abbia portato a termine missioni delicate e rischiose con facilità estrema; grande sostenitore del Governo, si dice abbia soppresso nel sangue innumerevoli gruppi di opposizione politica. Nessuno sa quanti anni abbia: qualcuno sostiene abbia passato i 100 "da un pò" ma che si mantenga molto più giovane grazie a particolari tecnologie, dimostrando un'età di 70-80 anni.

Gli occhi dell'uomo sono penetranti e pungenti, che si contrappongono al ghigno basso delle labbra. I baffi, il pizzetto e la barba rivelano sfumature bianche che si confondono con il castano - anche dei capelli. Mani grandi e tozze, callose, che riempiono prima il bicchiere dell'ospite con quella vodka e solo successivamente anche il suo.
Accomodati, Volkov.
La mano ruvida dell'uomo indica la sedia di legno massello che è dall'altro lato della scrivania. Il bicchiere viene allungato verso il capitano dei Diavoli.
Non li avete ancora recuperati.
Negativo, Signore. Ma ci stiamo lavorando.
Tu ed i tuoi uomini non avete bisogno di un incentivo, vero?
Negativo; ma sappiamo da chi recuperarli.
Il primo bicchiere ad essere sollevato è quello di Simanov; se lo porta alle labbra e ne butta giù una sola, semplice, sorsata.
Il nostro Governo è debole, Volkov; indebolito dalla Guerra ed indebolito da uomini che prendono decisioni sbagliate affidandosi a gente sbagliata. Io non sono il Governo, come sai, ma faccio parte delle poche persone giuste sulle quali il Governo si appoggia.
Questa volta è Volkov a bere dal proprio bicchiere, ma una sorsata più lunga di quella fatta prima da Simanov: una sorsata che vuota metà di quel bicchiere. Non fiata; gli occhi scuri osservano con un nascosto timore reverenziale il suo interlocutore.
Sei stato un buon agente, Volkov, ed un buon soldato. Resta nella barricata giusta.
L'altra metà del bicchiere viene svuotata; il nero si rimette in piedi e sull'attenti.
C'è solo una barricata nella quale vale la pena morire, Signore.
Da, è esatto.
Un cenno di congedo del vecchio Simanov, un passo indietro del più giovane Volkov.
Prima che vai via, un incentivo per la tua missione.
Da sotto il tavolo tira fuori un fucile d'assalto, molto più lineare rispetto a quelli in commercio e molto simile alle obsolete armi usate dall'esercito nei primi anni dell'Exodus Day.
Nella Terra-che-Fu i nostri gloriosi antenati usavano queste; ed è anche grazie a queste che divennero una grande nazione. Non devo spiegarti altro: hai l'addestramento necessario per utilizzarla nel migliore dei modi.
Volkov recupera l'AK, girandosela tra le mani pochi secondi: controlla il calcio, controlla il secondo tubo posto sotto la canna principale dell'arma; infine se la ripone dietro la schiena.
Signore.
Un nuovo cenno del capo, militare. Posizione di riposo e poi, quella stanza, viene lasciata alle spalle. Ci vorranno giorni prima che gli occhi del soldato impresso nel quadro sparisca dalla propria mente.

Igor Simanov, Koroleva 2516


giovedì 8 maggio 2014

Isn't credible

New Moskow, Dicembre 2511

La guerra è finita.
Il Governo di Koroleva viene rivoltato come un calzino dal Governo dell'Alleanza, alla ricerca dei capi e di insurrezionalismi ancora collegati con gli Indipendentisti. New Moskow potrebbe quasi sembrare essere stata occupata considerata la quantità di BlueJacks che si aggirano per le strade della capitale.

Può solamente immaginare ciò che accade all'esterno, sentendo il vociare all'esterno o dal chiacchiericcio basso e contenuto proveniente dai corridoi dagli uomini in camice. La sua stanza è l'ultima in fondo al corridoio del reparto di chirurgia, piccola e con un solo letto; viene visitata quattro volte al giorno: due volte per i pasti, due volte per il controllo delle flebo e dei medicamenti. La spalla destra è attaccata ad un braccio metallico che tiene immobile l'articolazione, mentre fasciature stringono in petto e le scapole, nascondendo i punti di sutura all'altezza del cuore. Una o due persone sanno davvero chi è il negro lasciato in quel letto: la cartella clinica è bianca e non compare nè un nome nè la provenienza del soggetto. 

La stanza era stata dimenticata per molto tempo, da quando Volkov era stato buttato lì dopo essere stato raccattato da Serenity Valley più morto che vivo. Le condizioni dell'uomo erano abbastanza stabili: sarebbe uscito prima dell'anno nuovo.

Fuori nevica, dentro invece è stranamente caldo. L'infermiera sta ritirando il pranzo, finito, quando tre uomini in completo blu scuro con il simbolo della Marina dell'Alleanza all'altezza del cuore e sul berretto militare, fanno il loro ingresso. Uno solo parla, gli altri due restano a fissare immobili l'uomo a letto.
Me l'aspettavo bianco, mister...?
Volkov. E lei sarebbe?
Tenente Jackson della Quarta Flotta. Mandato qui dal Comando Generale per capire perchè questa stanza è occupata da un uomo che risulta morto. 
Non mi risulta di essere morto; o mi sta minacciando, Tenente?
La fredda ironia del moskovita è evidente, ma priva di ghigni o sorrisi.
Faccia poco lo spiritoso, Volkov. Il direttore della struttura ci ha riferito che lei è stato portato qui nel Giugno del cinquecentoundici con gravi lesioni causate da ordigni esplosivi di tipo militare. Ma nè lui, nè nessun'altro, ha saputo dirci chi è lei nè da dove è venuto. Neanche un conoscente che le è venuto a fare visita. Un fantasma, Volkov. Ma io non credo ai fantasmi. Perciò mi spieghi, sto ascoltando.
La mano sinistra dell'indipendentista si allunga, indicando uno dei due uomini in compagnia del Tenente.
Mi passa una sigaretta, Soldato?
Richiesta che viene esaudita solo dopo il benestare del suo diretto superiore. Si prende tutto il tempo di accendere la sigaretta e di aspirare la sua prima boccata di fumo dopo mesi. Il nervosismo delle bluejacks sempre più evidente.
Un banale incidente.
La risposta ha una semplicità così allarmante che il Tenente è sul punto di perdere le staffe: solleva la testa al soffitto e batte due volte il piede a terra.
Non mi prenda per il culo, Volkov, banale incidente i miei stivali! Lei ha combattuto.
Sono solo un Avvocato.
La sua versione non è credibile.
La sua versione, qualunque essa sia, non è supportata da prove.
Il Tenente si zittisce, arrossendo sul volto. La sua mano si avvicina paurosamente alla fondina della pistola e Volkov lo nota.
Ha fatto quello che doveva fare, Tenente. Ora vada pure, prima che le sue insinuazioni o i suoi gesti avventati danneggino la posizione che ha raggiunto. 
Il silenzio cala per lunghi, interminabili, attimi.
Dovrà presentarsi all'anagrafe per la registrazione e la comprovazione dei titoli, se ne ha.
Ovviamente.
Non ci sono saluti, nè cenni. I tre, velocemente come sono entrati, escono. La giovane infermiera rimasta in disparte, immobile, ad assistere allo scambio di battute, scioglie il disagio provato fino a quel momento con un sorriso abbastanza evidente.
Lei era nel FOM, Mister Volkov?
I due si guardano. La sigaretta viene spenta dentro il piattino di metallo usato prima per il pranzo.
Anche mio fratello ha iniziato l'addestramento, proprio questo inverno.
La mano dell'uomo le fa cenno di sedersi sul letto di fianco a sè.
Il modo migliore per iniziare a servire il proprio paese, Miss...?

martedì 6 maggio 2014

Black sky

Morning Star, Maggio 2516

Volkov mette piede all'interno della propria cabina temporanea della Morning Star.
Nonostante i lunghi giorni di viaggio da Safeport ad Hall Point, tutto lì dentro lascia pensare che la nave debba essere abbandonata improvvisamente. Solo la ciotola di acciaio è pregna di smozziconi e l'aria di fumo sintetico. Il fuso orario è ancora quello di Safeport, nonostante la mattina dopo sbarcheranno sullo Skyplex. Dovrebbe essere, appunto, notte fonda.

La sigaretta spenta è tra le labbra pronta per essere accesa  fumata.
In spalla ha un asciugamano umido.
Non si aspetta di trovare una presenza umana all'interno della propria cabina; nessuno entra mai nella propria cabina, se non per un motivo davvero importante.
Sarah Tyler sta seduta con le gambe incrociate sul letto e le braccia poggiate sulle ginocchia. I pantaloni di tessuto marrone e la canottiera nera non nascondono i lineamenti femminili della giovane donna, nè parte della muscolatura nervile e scattante.
Vai a dormire, Tyler.
Lei però continua a guardarlo seria, con insistenza e pedanza.
Non ho sonno.
E più del solito la 'traker, quella sera, è testarda. Volkov si accende la sigaretta e la poggia sul posacenere; senza nessun tipo di pudore si libera degli abiti indossati per tutto il giorno, pronto probabilmente per andarsene a letto. Prima l'asciugamano e poi ogni capo che si toglie di dosso, viene ripiegato ed impilato l'uno sull'altro con metodica routine; il tutto dal letto viene poi posato sul mobiletto ad un angolo della cabina.
E se un giorno me ne andassi anche io?
Le lenti a contatto dell'ATAS vengono tolte, sostituite da un paio di occhiali da vista sottili.
Te ne saresti dovuta andare già dopo Serenity Valley, come hanno fatto altri soldati. Trovare un uomo e mettere su famiglia.
A quella risposta lei solleva le braccia incrociandole davanti al petto; gli occhi chiari restano su di lui; con un pesante groppone in gola.
I think that you're ...
Ma viene fermata prima che possa aggiungere qualsiasi cosa: con le pillole in mano che attendevano solo di essere messe in bocca, il tono freddo e baritonante echeggia per tutte le quattro pareti della cabina.
Niet, Tyler. Vy're tired and young.
Naye, Chief. I amn't.
Le pillole calano nella gola del korolevita con riluttanza, neanche la gola fosse diventata improvvisamente secca e ispida. Scuote il capo, visibilmente, mentre con la sinistra ferma la spalla destra mentre la fa roteare.
E' tutto Tyler. Ora và a riposare.
La questione viene sedata e congelata ed ogni possibilità di riposta assassinata dalle ultime parole dure dell'uomo. La giovane 'traker abbandona la cabina senza voltarsi, limitandosi solamente a chiudere la porta della cabina con più forza di quanto fosse necessario.

venerdì 2 maggio 2014

It's raining

Capital City, Maggio 2516

Quella sensazione è una costante.
L'odore della pelle della donna che condivide il suo letto è sconosciuto, ma allo stesso tempo familiare. 
Il colore degli occhi molto più scuro di quello che realmente è.
Persino il suono della voce sembra ovattato e confuso, come se fosse presente unicamente nella sua testa.
Troppe pillole amico: senti le voci.
Quasi non sente la donna dai capelli biondi e dalla pelle chiara che stringe con decisione e forza a sè. C'è quella voce amorfa, gracchiante, come il gesso affilato sulla superficie di una vecchia lavagna nera.
Hai persino le allucinazioni. Avanti chi è che ti stai scopando?
Sente quella voce gracchiare, ridere. Per lunghi secondi. Fastidiosa, ma ha ragione.

Quando Melanie Bishop lascia il suo appartamento, può finalmente smettere di fingere di dormire.
Si alza faticosamente, con la spalla che pulsa di dolore vivo, come se in quel momento stesso qualcuno gli infilasse un chiodo rovente nell'articolazione. Il cassetto del comodino viene aperto con così tanta forza che quasi lo sradica; due flaconi sui quali è visibile la scritta "painkiller" sono vuoti.
Magari le hai dimenticate dentro il cannemozze. 
Chiudi la bocca.
La dice lunga sul tuo stato mentale, non credi? Senti le voci, sudi freddo, hai i nervi scossi. Hai anche ricominciato a fumare negli ultimi tempi. Esce fuori il fumatore quando le cose non vanno; e per te le cose non va...
Io sto bene, tu invece stà zitto!
Si alza dal letto a fatica, striscia lungo la parete per cercare di raggiungere un corridoio che all'improvviso si allunga di chilometri. Si muove, ma in realtà è fermo.
Avanti guardati. Cosa farai quando ti finiranno le pillole e ti troverai in mezzo al fuoco delle Bluejacks o a quello di qualche pirata? Non ce la fai, amico. Prendi il cannemozze, avanti. Un colpo.
Sta zitto, capito!? Ce la faccio.
La porta del bagno viene raggiunta a tentoni, alla cieca quasi. Le braccia che si aggrappano sul bordo del lavello ma è la sinistra che a stento raggiunge il mobiletto in cima alla parete e a gettare giù, nel lavandino i flaconi di pillole. Lo apre, versa il contenuto lì dentro; poi ne prende un pugno, tre o quattro pillole, e le getta in gola a secco.
Diana Williams, vero? Com'è che se n'è andata?
Le braccia reggono il busto sopra il lavello, con il capo gettato verso il basso e se non fosse che la testa fosse attaccata al collo, probabilmente starebbe già rotolando a terra.
Fuori dalla finestra piove. Sotto il naso sente l'odore della terra bagnata che mischia all'odore di piscio e di putrefazione; l'odore del sangue misto a quello dello xentio. La pioggia non batte contro la finestra ma contro lamine di ferro rinforzato e pozze di fango. 
Non ce la fa a dirgli di nuovo di stare zitto, o di smettere di ridere nella sua testa.
Quando alza la testa, per inquadrare lo specchio il suo riflesso è smembrato, scarnato: occhi enormi e neri; denti appuntiti che scendono irregolarmente da delle gengive sottili, messi in evidenza dalla mancanza delle labbra; da sotto la mascella ha due appendici sottili apparentemente simili ai tentacoli di un polipo; il naso è cavo, come un teschio. Sorride il suo riflesso.
Abituati a vedere la tua faccia, amico.
Un batter di palpebre, e quel fantoccio allo specchio, le voci, spariscono. La spalla fa già meno male.
Tornato in camera da letto, va alla ricerca delle sigarette. Fuma.
Dice bene chi afferma che nessuno smette, veramente, di fumare.