domenica 16 novembre 2014

выкуп

Koroleva, Novembre 2516

Il campo di reclusione di Norisk è uno dei più duri in tutto l'emisfero settentrionale di New Moskow. Lì non c'è bisogno di costringere i detenuti a lavorare, perchè il gelo intenso è sufficiente a sfiancarli più del lavoro manuale, che invece avrebbe solo l'effetto di distrarli dall'assideramento.

E se gran parte dei prigionieri sono deboli, smagriti, morti, Volkov troneggia tra quelle carcasse come un re tra gli zombi. Nonostante sia fisicamente meno prestante e visibilmente smagrito di una decina di chili, non se la passa male: del resto è stato uno degli allievi migliori di Krushenko. Il giaccone appartiene ad una delle guardie, distinguibile grazie a dei gradi che non gli appartengono; tre paia di calzoni, altrettanti di maglioni che non si è fatto scrupoli ad estrarre dai cadaveri gettati nelle fosse comuni; e gli scarponi li ha sicuramente ottenuti allo stesso modo del giaccone. 

Come ogni volta che si avvicina un veicolo blindato ai cancelli del campo, lui è lì, immobile e fermo ad un metro dalle grate metalliche percosse da alta tensione. Sull'attenti, a dimostrazione che nulla, neanche la mano vendicativa di Koroleva, può piegarlo. Eppure questa volta il veicolo non è solo di passaggio: si ferma dall'altro lato della doppia cancellata mentre un soldato si avvicina al lato del passeggero per recuperare un pass. Parole in sequenza, in lingua ed accento moskovita, che l'ex Capitano dei Devils non riesce a sentire.

Dieci passi indietro, detenuto sei-cinque-zero-sette-quattro-nove.
Ancora ordini in russo, dalla torre di vedetta. Ordini per il nero, ordini di indietreggiare; esegue.
Il cancello si apre, così anche la portiera: avvolta in un elegante e marziale cappotto nero, dai capelli biondi parzialmente nascosti da un copricapo imbottito, si avvicina calpestando la neve ed il ghiaccio una vecchia conoscenza.
Nina Novak, non mi aspettavo una visita coniugale.
Vedo, dorogoy Volkov, che la reclusione ha migliorato il tuo sarcasmo.
Tra un paio di mesi farò cabaret con i compagni polskie.
E c'è una sonora punta di cinico disprezzo in quell'ultimo aggettivo. Nina sorride, affilando le labbra sottili e chiare quanto quegli occhi color ghiaccio.
Ti porto buone nuove, Capitano: l'operazione IKON è stata completata, le tue colpe sono state scontate.
Slishkom legko moya dorogaya.
Troppo facile: dice il vero. Nina non può far altro che annuire.
Sei sempre stato un'utile risorsa per l'Intelligence ed io ho garantito per te. Ma c'è ancora una cosa che devi fare prima che il Governo accetti di perdonarti: uccidere Elian Ròza Chernenko. Scegli: la sua vita o l'esilio.
Mi metti in una posizione facile.
Ya znayu eto. E lo prendo per un sì. Adesso seguimi, è tempo di tornare alla civiltà.
Nina avanza, Volkov la segue un messo passo indietro, di fianco. Non si volta indietro, quel campo l'ha già dimenticato. Lui guarda avanti: alla vendetta, alla redenzione, alla restaurazione di quelli che erano i suoi scopi, rimasti seppelliti in un angolo di anima nera ma mai dimenticati.

giovedì 5 giugno 2014

Trojan Horse

Horyzon, Giugno 2516

Il mandato di comparizione gli da ancora 24 ore di tempo.
Ha tutto il tempo per finire di studiare la sua parte e le diverse possibilità che si troverebbe davanti.
Sta leggendo più volte, sul proprio cortex, la frequenza di Philip Neville: quel ragazzo ha un'ottima memoria - pensa - perfetto per trasportare indizi. E' un Cavallo di Troia.
Intanto il bicchierino di vodka si riempie sempre di più, sul bancone dell'Arcade: viene riempito ogni volta che viene scolato per accompagnare le pillole analgesiche, mentre ripassa a mente un copione dal contenuto quasi del tutto improvvisato.
Un holoschermo trasmette programmi notturni: si parla di Ikon e si parla della scomparsa di Elian Chernenko; si parla del presunto sequestratore: sè stesso.
Quel fottuto negro dovrebbe fare la tessa fine dei bastardi Indipendentisti a Serenity Valley.
I toni, ad un tavolo, sono alti. Un gruppo di uomini esaltati, forse ex blujacks, si incitano tra loro come vecchi ultrà sugli spalti di uno stadio di pyramid. Non è stato ancora notato, non finchè il più arrogante del gruppo non gli si affianca per ordinare altro rum.
Tu sei negro come Volkov.
Ma non risponde: spegne il cortex, lo formatta con Pandora.
Ehi, sto parlando con te.
Non c'è bisogno che mi sputi in un orecchio.
La risposta ha una freddezza assoluta, totale; quasi quanto l'occhiata glaciale che l'uomo ubriaco si ritrova addosso. Rabbrividisce e sbianca, riconoscendo l'interlocutore. Cerca e trova un bicchiere vuoto sul bancone e lo alza con forza.
Sei un fottuto pirata di merda!
E cerca di scaricare il bicchiere in faccia al korolevita: ma i riflessi del corer sono lenti, annebbiati e resi barcollanti dall'alcol. Il braccio viene fermato con decisione dalla mano enorme del Capitano dei Devils.
Il corer ubriaco ha solo il tempo di realizzare che un pugno è sulla traiettoria del suo naso
Si ritrova a terra, col naso rotto e sanguinante e rantolando senza forza con la pancia in sù: sembra una tartaruga obesa.
Riprendetevelo e sparite dalla mia vista.
L'imperativo evidente del moskovita è duro e cupo, ostile. Gli altri tre uomini eseguono l'ordine uscendo fuori dal pub con estrema agilità. Il barman dietro il bancone manda in gola un respiro di sollievo: non dovrà ricomprare un nuovo bancone quella sera.

Poche ore dopo, riprenderà a bere nel suo appartamento.
Molte ore dopo lascerà Capital City, dopo aver consegnato il mandato di comparizione ad un Caporale dell'Ottava Flotta.

mercoledì 28 maggio 2014

Svoloch'

Polaris, Just Bad Luck

I colpi sul metallo delle pareti della cabina di Marshall spesso fanno da contorno al rumore silenzioso dei propulsori della Brigade dei Devils. In più di un'occasione, Volkov, si è fermato fuori quella cabina indeciso se bussare e chiedere di entrare, o passare oltre. Mai la prima delle due opzioni, però, è stata scelta.

La cabina dei passeggeri è perlopiù adibita a prigioni, poichè su quella nave non ci sono passeggeri, ma solo Soldati in Browncoat. Elian occupa la cella più piccola, legata ed imbavagliata, con una benda che le rendi impossibile capire quanto tempo passa da una ronda di controllo ed un'altra. Spesso il Moskovita si ferma a guardarla attraverso le sbarre, in quegli abiti lisi che le sono state dati quando è stata privata dei suoi abiti.

Sarah le dà da mangiare, tenuta sotto stretta sorveglianza dal Capitano affinchè non parli con la prigioniera ma che adempi unicamente al suo compito: dare da mangiare ad Elian una sola volta al giorno. Sarah in più di un'occasione rivolge al Capitano un'occhiata cruda e storta, quasi rabbiosa, ma ricevendo di contro solo uno sguardo freddo e privo di emozioni. Non c'è nessuna pietà sul volto di quell'uomo dalla pelle nera.

Passi pesanti che più volte al giorno battono sul metallo quando osserva le condizioni della prigioniera.
La solitudine, la mancanza di speranza, la mancanza della conoscenza di quello che le sarà fatto sono le prime torture psicologiche che il russo tenta di applicare sulla donna del suo stesso pianeta.


Per quanto tempo pensi di tenerla lì, da sola come un cane?
Finchè non deciderò altrimenti.
E dopo?
Dopo dipenderà da quanto sarà disposta a collaborare.
Non starai pensando di...
Dà. Tutto il necessario.
Sarah si massaggia la fronte, sospirando pesantemente. Lascia la cambusa, tornando in plancia di comando. E lasciando nuovamente Volkov seduto da solo a quel tavolo, con una bottiglia di vodka vuota e metà e due bicchieri dei quali solo uno è vuoto.

sabato 24 maggio 2014

Other lives: Nina Novak

La linea di discendenza dei Novak è lunga tanto quanto la storia di Koroleva e non esisteva una generazione in quella famiglia che non contasse almeno un soldato (se non un ufficiale) nell'esercito del pianeta. Nina nasce a Kansk, una fredda cittadina dell'emisfero settentrionale del pianeta, nel febbraio del 2485 ed è l'unica femmina dopo tre fratelli maschi, tutti e tre ripartiti tra fanteria, genio ed intelligence; per la quarta invece venne scelta una strada diversa. Concluso il primo ciclo di studio, vince una borsa di studi per il corso di Scienze della comunicazione nell'università dell'Alleanza di Xanto. Quando ha solamente vent'anni si sposa con un giovane ufficiale della 4th Fleet e ne prende il cognome diventando Nina Reed; tuttavia nonostante il matrimonio non abbandona gli studi che continua ed affianca ad un lavoro nella testata giornalistica di Sadrany (ottenuto anche grazie all'influenza del marito).

Quando scoppia la guerra e gli Indipendentisti bombardano Sadrany lei non è nella capitale, ma si rifugia tempestivamente in una piccola cittadina periferica che non viene presa di mira dall'attacco. Dopo la laurea, ed a conflitto ormai nel pieno del suo fragore, diventa inviata di guerra a Shadetrack fino alla sua resa; successivamente viene richiamata a Xanto. Finita la guerra, tra le vittime della fine del conflitto c'è anche il nome del marito di Nina, caduto a Serenity Valley; nel 2511 ha soli ventisei anni ed un'ingente eredità lasciatagli dal marito defunto. Anche dopo la guerra continua a lavorare come giornalista. 


Sadrany, Febbraio 2507

Non ha finito di bere il secondo bicchierino di Vodka.
Saranno ormai le due di notte ma non ha nessuna intenzione di rimettere piede nel suo attico lussuoso.
Il locale è grande, dislocato su tre piani sovrapposti: il bar, la pista da ballo, il balcone che si affaccia sulla piazza della capitale; e lui è sull'ultimo piano, con la schiena leggermente piegata in avanti e le braccia poggiate sul corrimano della balconata; la vodka ancora in mano.
Dove hai lasciato la tua giovane fidanzata dell'Alleanza?
Aleksej Romanov ruota il capo, per inquadrare la ragazza bionda che con un sorriso radioso gli si affianca appoggiando la schiena al corrimano della balconata. Ha un lungo vestito nero da sera, liscio, che si adatta perfettamente a quella figura slanciata e dalle forme morbide e lineari. Gli occhi scuri dell'uomo ci impiegano qualche secondo per risalire dallo spacco dell'abito, dalle gambe, agli occhi azzurri e chiari. Anche lei ha della Vodka nel suo bicchiere.
Nina Reed.
Reed, come la figlia del Senatore Reed?
No: come la moglie del figlio del Senatore Reed.
Sposata con un Soldato.
E tu sei su quella strada.
Lei allunga il sorriso, tagliando il viso con un'espressione beffarda. Lui invece torna a guardare davanti a sè, oltre l'affaccio che offre quel grattacielo.
Ho i tuoi ordini, Volkov.
Sentir nominare il suo nome, dopo tutti quei mesi, nel suo accento originale, gli provoca un lungo brivido lungo la schiena.
Credo che tu abbia bevuto troppo, honey.
Ed è a quel punto che la ragazza sussurra qualcosa all'orecchio del nero; una manciata di secondi prima che lei si allontani nuovamente per tornare a poggiarsi sul corrimano.
D'accordo, continua.
Anche lei si gira, dando le spalle al resto del balcone.
La Flotta Indipendentista entrerà nello spazio del Central tra poche ore e sai quanto tempo impiegheranno a giungere qui. Inoltre alcuni soldati Indipendentisti sono già in città in attesa dell'inizio delle operazioni. Quando inizierà l'attacco la base militare di Sadrany sarà la prima ad essere bombardata e la vostra missione sarà di mettere fuori uso le comunicazioni delle base ad attacco iniziato, così che l'attacco possa durare più a lungo; New Moskow non crede nelle potenzialità dei soldati mandati dal Comando sul pianeta, perciò ti vuole nella squadra.
Immagino che non ci sia un piano di recupero.
Immagini bene. Se non lasciate la base prima dell'arrivo dei rinforzi nemici, verrete catturati.
Inspira a fondo; osserva il fondo del bicchiere per bere una lunga sorsata di vodka.
Scoparti una Bluejacks spero sia servito a qualcosa, Romanov.
Penso di si.
Nina ride, si scola il bicchierino di vodka con vorace rapidità.
Se riuscite a raggiungere gli Avenger, posso fornirti una manciata di codici.
Avevi detto che non c'era nessun piano di recupero.
Questo infatti è un favore personale. Io ti fornisco quei codici e ti salvo il culo, tu ti impegnerai a liberarti di mio marito in Guerra. Conosci la sua faccia e so già che verrà mandato su Shadetrack, quando la Flotta sbarcherà anche su quel pianeta.
Tu dai per scontato che l'Intelligence mi manderà in guerra.
Ho letto il tuo fascicolo e conosco la tua storia: quelli come te sono nati per la guerra. Considera la mia proposta solo come un'incentivo sulla scelta del pianeta.
Ivan la guarda di nuovo, ma questa volta con più durezza e dritto negli occhi. Ne riconosce un'autorità che nasconde sotto la giovane età e sotto un atteggiamento sciolto ed elegante; la decisione e la sicurezza nelle sue parole hanno un suono nettamente familiare, dell'odore di Koroleva.
Lo prendo per un sì allora. E a proposito: Golden Hotel, stanza 513, domani sera alle 23.30; sono sicura che anche tu abbia voglia di sentire l'odore di casa.
Si stacca dal corrimano e si allontana; Volkov resta in quella posizione invece, mai cambiata per tutti quei minuti di conversazione. Eppure per molti, troppi, secondi, non riesce a togliere gli occhi dalla schiena nuda, visibile dallo scollo posteriore dell'abito, della giovane bionda.

Quella sera si prenderà anche un terzo bicchiere di vodka.

Nina Novak in Reed, Xanto 2507

venerdì 23 maggio 2014

Red Eyes

Stalingrad, Maggio 2516

L'ufficio stranamente non è spoglio: le pareti sono tappezzati da alcuni famosi e costosi quadri - ma che un occhio non avrebbe difficoltà a notare che sono falsi; così come quell'ufficio non è neanche freddo, ma riscaldato da un enorme camino in fondo alla stanza. A qualche metro dal caminetto c'è quell'unica, grande, scrivania che occupa il centro della stanza insieme a diverse sedie.
Dall'enorme quadro raffigurante, sopra il caminetto, un soldato in alta uniforme Rossa - sulla quarantina - guarda severamente chiunque attraversa la soglia di quell'ufficio. Chiunque esca da quell'ufficio difficilmente riesce a dimenticare gli occhi del soldato nel quadro o la bottiglia di pregiata e costosa vodka al centro del tavolo. A fare gli onori di casa: Igor Simanov. Nessun patronimico ad accompagnarlo: nessuno lo ricorda (o vuole ricordarlo). Per tutti è semplicemente Simanov. Non ha un vero grado, nè un effettivo ruolo nel Governo. Si dice che abbia prestato servizio nel FOM giovanissimo e che abbia portato a termine missioni delicate e rischiose con facilità estrema; grande sostenitore del Governo, si dice abbia soppresso nel sangue innumerevoli gruppi di opposizione politica. Nessuno sa quanti anni abbia: qualcuno sostiene abbia passato i 100 "da un pò" ma che si mantenga molto più giovane grazie a particolari tecnologie, dimostrando un'età di 70-80 anni.

Gli occhi dell'uomo sono penetranti e pungenti, che si contrappongono al ghigno basso delle labbra. I baffi, il pizzetto e la barba rivelano sfumature bianche che si confondono con il castano - anche dei capelli. Mani grandi e tozze, callose, che riempiono prima il bicchiere dell'ospite con quella vodka e solo successivamente anche il suo.
Accomodati, Volkov.
La mano ruvida dell'uomo indica la sedia di legno massello che è dall'altro lato della scrivania. Il bicchiere viene allungato verso il capitano dei Diavoli.
Non li avete ancora recuperati.
Negativo, Signore. Ma ci stiamo lavorando.
Tu ed i tuoi uomini non avete bisogno di un incentivo, vero?
Negativo; ma sappiamo da chi recuperarli.
Il primo bicchiere ad essere sollevato è quello di Simanov; se lo porta alle labbra e ne butta giù una sola, semplice, sorsata.
Il nostro Governo è debole, Volkov; indebolito dalla Guerra ed indebolito da uomini che prendono decisioni sbagliate affidandosi a gente sbagliata. Io non sono il Governo, come sai, ma faccio parte delle poche persone giuste sulle quali il Governo si appoggia.
Questa volta è Volkov a bere dal proprio bicchiere, ma una sorsata più lunga di quella fatta prima da Simanov: una sorsata che vuota metà di quel bicchiere. Non fiata; gli occhi scuri osservano con un nascosto timore reverenziale il suo interlocutore.
Sei stato un buon agente, Volkov, ed un buon soldato. Resta nella barricata giusta.
L'altra metà del bicchiere viene svuotata; il nero si rimette in piedi e sull'attenti.
C'è solo una barricata nella quale vale la pena morire, Signore.
Da, è esatto.
Un cenno di congedo del vecchio Simanov, un passo indietro del più giovane Volkov.
Prima che vai via, un incentivo per la tua missione.
Da sotto il tavolo tira fuori un fucile d'assalto, molto più lineare rispetto a quelli in commercio e molto simile alle obsolete armi usate dall'esercito nei primi anni dell'Exodus Day.
Nella Terra-che-Fu i nostri gloriosi antenati usavano queste; ed è anche grazie a queste che divennero una grande nazione. Non devo spiegarti altro: hai l'addestramento necessario per utilizzarla nel migliore dei modi.
Volkov recupera l'AK, girandosela tra le mani pochi secondi: controlla il calcio, controlla il secondo tubo posto sotto la canna principale dell'arma; infine se la ripone dietro la schiena.
Signore.
Un nuovo cenno del capo, militare. Posizione di riposo e poi, quella stanza, viene lasciata alle spalle. Ci vorranno giorni prima che gli occhi del soldato impresso nel quadro sparisca dalla propria mente.

Igor Simanov, Koroleva 2516


giovedì 8 maggio 2014

Isn't credible

New Moskow, Dicembre 2511

La guerra è finita.
Il Governo di Koroleva viene rivoltato come un calzino dal Governo dell'Alleanza, alla ricerca dei capi e di insurrezionalismi ancora collegati con gli Indipendentisti. New Moskow potrebbe quasi sembrare essere stata occupata considerata la quantità di BlueJacks che si aggirano per le strade della capitale.

Può solamente immaginare ciò che accade all'esterno, sentendo il vociare all'esterno o dal chiacchiericcio basso e contenuto proveniente dai corridoi dagli uomini in camice. La sua stanza è l'ultima in fondo al corridoio del reparto di chirurgia, piccola e con un solo letto; viene visitata quattro volte al giorno: due volte per i pasti, due volte per il controllo delle flebo e dei medicamenti. La spalla destra è attaccata ad un braccio metallico che tiene immobile l'articolazione, mentre fasciature stringono in petto e le scapole, nascondendo i punti di sutura all'altezza del cuore. Una o due persone sanno davvero chi è il negro lasciato in quel letto: la cartella clinica è bianca e non compare nè un nome nè la provenienza del soggetto. 

La stanza era stata dimenticata per molto tempo, da quando Volkov era stato buttato lì dopo essere stato raccattato da Serenity Valley più morto che vivo. Le condizioni dell'uomo erano abbastanza stabili: sarebbe uscito prima dell'anno nuovo.

Fuori nevica, dentro invece è stranamente caldo. L'infermiera sta ritirando il pranzo, finito, quando tre uomini in completo blu scuro con il simbolo della Marina dell'Alleanza all'altezza del cuore e sul berretto militare, fanno il loro ingresso. Uno solo parla, gli altri due restano a fissare immobili l'uomo a letto.
Me l'aspettavo bianco, mister...?
Volkov. E lei sarebbe?
Tenente Jackson della Quarta Flotta. Mandato qui dal Comando Generale per capire perchè questa stanza è occupata da un uomo che risulta morto. 
Non mi risulta di essere morto; o mi sta minacciando, Tenente?
La fredda ironia del moskovita è evidente, ma priva di ghigni o sorrisi.
Faccia poco lo spiritoso, Volkov. Il direttore della struttura ci ha riferito che lei è stato portato qui nel Giugno del cinquecentoundici con gravi lesioni causate da ordigni esplosivi di tipo militare. Ma nè lui, nè nessun'altro, ha saputo dirci chi è lei nè da dove è venuto. Neanche un conoscente che le è venuto a fare visita. Un fantasma, Volkov. Ma io non credo ai fantasmi. Perciò mi spieghi, sto ascoltando.
La mano sinistra dell'indipendentista si allunga, indicando uno dei due uomini in compagnia del Tenente.
Mi passa una sigaretta, Soldato?
Richiesta che viene esaudita solo dopo il benestare del suo diretto superiore. Si prende tutto il tempo di accendere la sigaretta e di aspirare la sua prima boccata di fumo dopo mesi. Il nervosismo delle bluejacks sempre più evidente.
Un banale incidente.
La risposta ha una semplicità così allarmante che il Tenente è sul punto di perdere le staffe: solleva la testa al soffitto e batte due volte il piede a terra.
Non mi prenda per il culo, Volkov, banale incidente i miei stivali! Lei ha combattuto.
Sono solo un Avvocato.
La sua versione non è credibile.
La sua versione, qualunque essa sia, non è supportata da prove.
Il Tenente si zittisce, arrossendo sul volto. La sua mano si avvicina paurosamente alla fondina della pistola e Volkov lo nota.
Ha fatto quello che doveva fare, Tenente. Ora vada pure, prima che le sue insinuazioni o i suoi gesti avventati danneggino la posizione che ha raggiunto. 
Il silenzio cala per lunghi, interminabili, attimi.
Dovrà presentarsi all'anagrafe per la registrazione e la comprovazione dei titoli, se ne ha.
Ovviamente.
Non ci sono saluti, nè cenni. I tre, velocemente come sono entrati, escono. La giovane infermiera rimasta in disparte, immobile, ad assistere allo scambio di battute, scioglie il disagio provato fino a quel momento con un sorriso abbastanza evidente.
Lei era nel FOM, Mister Volkov?
I due si guardano. La sigaretta viene spenta dentro il piattino di metallo usato prima per il pranzo.
Anche mio fratello ha iniziato l'addestramento, proprio questo inverno.
La mano dell'uomo le fa cenno di sedersi sul letto di fianco a sè.
Il modo migliore per iniziare a servire il proprio paese, Miss...?

martedì 6 maggio 2014

Black sky

Morning Star, Maggio 2516

Volkov mette piede all'interno della propria cabina temporanea della Morning Star.
Nonostante i lunghi giorni di viaggio da Safeport ad Hall Point, tutto lì dentro lascia pensare che la nave debba essere abbandonata improvvisamente. Solo la ciotola di acciaio è pregna di smozziconi e l'aria di fumo sintetico. Il fuso orario è ancora quello di Safeport, nonostante la mattina dopo sbarcheranno sullo Skyplex. Dovrebbe essere, appunto, notte fonda.

La sigaretta spenta è tra le labbra pronta per essere accesa  fumata.
In spalla ha un asciugamano umido.
Non si aspetta di trovare una presenza umana all'interno della propria cabina; nessuno entra mai nella propria cabina, se non per un motivo davvero importante.
Sarah Tyler sta seduta con le gambe incrociate sul letto e le braccia poggiate sulle ginocchia. I pantaloni di tessuto marrone e la canottiera nera non nascondono i lineamenti femminili della giovane donna, nè parte della muscolatura nervile e scattante.
Vai a dormire, Tyler.
Lei però continua a guardarlo seria, con insistenza e pedanza.
Non ho sonno.
E più del solito la 'traker, quella sera, è testarda. Volkov si accende la sigaretta e la poggia sul posacenere; senza nessun tipo di pudore si libera degli abiti indossati per tutto il giorno, pronto probabilmente per andarsene a letto. Prima l'asciugamano e poi ogni capo che si toglie di dosso, viene ripiegato ed impilato l'uno sull'altro con metodica routine; il tutto dal letto viene poi posato sul mobiletto ad un angolo della cabina.
E se un giorno me ne andassi anche io?
Le lenti a contatto dell'ATAS vengono tolte, sostituite da un paio di occhiali da vista sottili.
Te ne saresti dovuta andare già dopo Serenity Valley, come hanno fatto altri soldati. Trovare un uomo e mettere su famiglia.
A quella risposta lei solleva le braccia incrociandole davanti al petto; gli occhi chiari restano su di lui; con un pesante groppone in gola.
I think that you're ...
Ma viene fermata prima che possa aggiungere qualsiasi cosa: con le pillole in mano che attendevano solo di essere messe in bocca, il tono freddo e baritonante echeggia per tutte le quattro pareti della cabina.
Niet, Tyler. Vy're tired and young.
Naye, Chief. I amn't.
Le pillole calano nella gola del korolevita con riluttanza, neanche la gola fosse diventata improvvisamente secca e ispida. Scuote il capo, visibilmente, mentre con la sinistra ferma la spalla destra mentre la fa roteare.
E' tutto Tyler. Ora và a riposare.
La questione viene sedata e congelata ed ogni possibilità di riposta assassinata dalle ultime parole dure dell'uomo. La giovane 'traker abbandona la cabina senza voltarsi, limitandosi solamente a chiudere la porta della cabina con più forza di quanto fosse necessario.